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Papa Francesco ha incontrato 18 migranti del Centro Astalli

Dietro ogni migrante c’è “la sua inalienabile dignità di figlio di Dio”. Così il Papa al Jesuit Refugee Service (Jrs), realtà della Compagnia di Gesù che da 35 anni va incontro ai bisogni “sia umani sia spirituali” dei rifugiati, per “vedere rispettata la loro dignità umana ferita”. Accompagnarli, servirli, e difenderne i diritti, ha ricordato, significa anche occuparsi dell’educazione, perché dare ai bambini un banco di scuola è il “regalo più bello” che si possa loro fare.

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Dietro ogni statistica sui migranti ci sono persone e dignità
Il fenomeno delle migrazioni forzate è oggi “drammaticamente aumentato”. Papa Francesco muove dai dati dell’Onu, che valutano in quasi 60 milioni i rifugiati oggi in tutto il mondo, e parla al Jesuit Refugee Service di “folle di profughi” che partono da diversi Paesi “del Medio Oriente, dell’Africa e dell’Asia” e cercano “rifugio in Europa”: si tratta, nota, della “cifra più alta dalla 2ª Guerra Mondiale”:

“Dietro queste statistiche ci sono persone, ciascuna con un nome, un volto, una storia, e la sua inalienabile dignità di figlio di Dio”.

Padre Arrupe e il Jesuit Refugee Service
Dopo aver ascoltato le testimonianze sull’impegno in tutto il mondo, il Papa ricorda la nascita del Jesuit Refugee Service, voluto 35 anni fa da padre Pedro Arrupe, allora Superiore Generale della Compagnia di Gesù: il Signore – spiega il Pontefice – gli diede “la gioia di congedarsi” parlando proprio in un centro per rifugiati in Asia e quello fu il suo “canto del cigno”. Ma prima volle rispondere alla “sfida” dell’esodo di profughi dell’epoca: i boat people sud-vietnamiti, esposti agli attacchi dei pirati e alle tempeste nel Mar Cinese Meridionale:

“Volle che il Jesuit Refugee Service andasse incontro ai bisogni sia umani sia spirituali dei rifugiati, quindi non soltanto alle loro immediate necessità di cibo e di asilo, ma anche all’esigenza di vedere rispettata la loro dignità umana ferita, e di essere ascoltati e confortati”.

Al fianco di rifugiati, profughi e sfollati interni
Oggi quella “iniziativa” opera in dieci diverse regioni, con progetti in 45 Paesi, “accompagnando rifugiati e popolazioni nelle migrazioni interne”. Tre i punti fondamentali della missione: “accompagnare, servire, difendere i diritti dei rifugiati”.

“La scelta di essere presenti nei luoghi dove c’è maggiore bisogno, in zone di conflitto e di post-conflitto, vi ha resi internazionalmente conosciuti per essere vicini alla gente, capaci di imparare da essa come meglio servire”.

Educazione mette al riparo da pericoli
I gruppi del Jrs, assieme a religiose, collaboratori laici e rifugiati stessi, molti presenti in Sala Clementina, sono impegnati in Siria, Afghanistan, Repubblica Centrafricana e nella zona orientale della Repubblica Democratica del Congo, dove accolgono – mette in luce Francesco – “persone di fedi diverse” che condividono la medesima missione. Il lavoro del Jesuit Refugee Service offre “speranza e futuro” ai rifugiati, anzitutto mediante il servizio dell’educazione, che “riveste speciale importanza” e mette al riparo “dai pericoli”:

“Offrire educazione è molto più che dispensare nozioni. È un intervento che offre ai rifugiati qualcosa per cui andare oltre la sopravvivenza, mantenere viva la speranza, credere nel futuro e fare dei progetti. Dare ai bambini un banco di scuola è il regalo più bello che possiate fare”.

Nemmeno scuole risparmiate da violenza dei conflitti
Lo scopo di tali programmi è, nelle parole del Pontefice, quello di “aiutare i rifugiati a crescere nella fiducia in sé stessi, a realizzare il massimo del potenziale insito in loro e a metterli in grado di difendere i propri diritti come singoli e come comunità”:

“Per bambini costretti ad emigrare, le scuole sono spazi di libertà. In classe, vengono accuditi dagli insegnanti e sono protetti. Purtroppo, sappiamo che nemmeno le scuole sono risparmiate dagli attacchi di chi semina violenza. Invece le aule scolastiche sono luoghi di condivisione, anche con bambini di culture, etnie e religioni differenti, dove si segue un ritmo regolare, un ordine confortevole, in cui i bambini possono di nuovo sentirsi ‘normali’, e i genitori felici di saperli a scuola”.

Perché l’istruzione, spiega Francesco, “offre ai piccoli rifugiati una via per scoprire la loro autentica vocazione, sviluppandone le potenzialità”:

“Tuttavia, troppi bambini e giovani rifugiati non ricevono un’educazione di qualità. L’accesso all’educazione è limitato, specialmente per le ragazze e per la scuola secondaria”.

Le iniziative durante il Giubileo
Per questo, durante il prossimo Giubileo della Misericordia, ricorda il Papa, il Jesuit Refugee Service – assieme a sostenitori e benefattori e al Gruppo internazionale di sviluppo – si è posto l’obiettivo di aiutare altri 100.000 giovani rifugiati ad andare a scuola, con l’iniziativa di “Educazione Globale” e il motto: “Mettiamo in moto la Misericordia”: la misericordia del Signore, conclude, raggiungerà così “tanti bambini e famiglie nei prossimi anni”, pensando alla Santa Famiglia fuggita in Egitto per scampare alla violenza e “cercare rifugio presso stranieri”.

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IL VIDEO SERVIZIO A cura del Centro Televisivo Vaticano
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di Giada Aquilino per la Radio Vaticana

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