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Non buttiamo via il cibo! Troppi sprechi e fratelli che non mangiano

cibo-sprecatoIn Italia, 8.7 miliardi di euro in cibo buttati all’anno. Lanciata strategia anti-spreco – Nasce in Italia il gruppo di lavoro per attuare la Strategia contro lo spreco alimentare: promosso dal Ministero dell’ambiente e coordinato da Andrea Segrè, presidente di “Last Minute Market”, il board che ha lo scopo di coinvolgere tutti gli attori della filiera per combattere questa piaga così come auspicato dal Papa. Sono 8,7 i miliardi di euro in cibo finiti nell’immondizia ogni anno in Italia. “Occorre coniugare solidarietà e sostenibilità, – sottolinea Segrè – perché sprecare cibo vuol dire anche sprecare risorse come terra, acqua e lavoro umano”. Paolo Ondarza della Radio Vaticana lo ha intervistato (file anche in audio):RealAudioMP3 

R. – Nel 2013 lo spreco domestico di cibo ancora buono che finisce nella spazzatura conta in Italia mezzo punto del Prodotto interno lordo: 8,7 miliardi di euro. Se li confrontiamo ai nove milioni di cittadini italiani che vivono sotto la soglia di povertà relativa, ci rendiamo conto dell’assurdità: sarebbero mille euro a testa di cibo ancora buono gettato via.

D. – Questo vuol dire che cambiare abitudini, per quanto riguarda l’utilizzo del cibo, significherebbe un notevole risparmio e anche un atto di solidarietà nei confronti di chi non ha cibo …

R. – Riprendiamo quella che una volta chiamavamo “economia domestica” e se c’è qualche avanzo ricicliamolo! Quanto poi ha sottolineato il Papa (“Il cibo sprecato è cibo rubato ai poveri”; ndr) è straordinario nella sua forza, ma dentro c’è ancora di più: ci sono delle risorse naturali limitate – seppure rinnovabili nel tempo – che finiscono nel bidone della spazzatura. Tra l’altro, questo bidone ha un costo perché dobbiamo pagare una tassa, una tariffa: è un costo economico ed un costo ambientale. Non possiamo davvero più permettercelo! Dobbiamo andare avanti coniugando due premesse importanti che sono la sostenibilità, che significa usare meglio le risorse naturali, e la solidarietà.

D. – Perché le famiglie italiane sprecano cibo? Quali sono le cause?

R. – Non sappiamo fare bene la spesa, non programmiamo i nostri acquisti, neanche i nostri consumi, siamo confusi dalle etichette, dalle scadenze, poi quel “preferibilmente entro” pensiamo sia la scadenza ultima …

D. – Quanto si potrebbe aspettare ancora?

R. – Dipende dal prodotto, ma in realtà te lo garantiscono al massimo delle sue condizioni organolettiche, di qualità, entro quel periodo, ma si può andare oltre. Poi dipende anche dal buonsenso: basta aprire la confezione e verificare; la stessa cosa può essere fatta con il prodotto fresco.

D. – Lei diceva, lo spreco alimentare avviene sostanzialmente in ambito domestico. Non si può tuttavia dimenticare quello spreco a cui assistiamo, tante volte impassibili, da parte delle grandi catene di fast food o delle grandi catene di supermercati che sono “obbligate” a cestinare prodotti integri, in buono stato, per ragioni igieniche …

R. – Lo spreco che riscontriamo nella piccola e grande distribuzione, nella ristorazione, è di 2,3 miliardi circa. Questi obblighi di sicurezza alimentare – non sono uno scherzo, dobbiamo stare attenti – possono essere superati usando delle logistiche e normative che per altro già ci sono: il pasto cotto non consumato si può recuperare; il consumo dovrà avvenire con molti accorgimenti per salvaguardare la salubrità di quel prodotti soprattutto per chi lo consuma, in particolare se andiamo a nutrire gli indigenti. Dobbiamo stare tre volte attenti! Per noi l’importante – lo dico a fronte dell’esperienza alla “Last Minute Market” – è promuovere un recupero sostenibile. È inutile trasportare il cibo in eccesso facendogli fare lunghe percorrenze, magari dovendolo immagazzinare perché poi il costo del recupero diventa più alto del beneficio … Ecco, l’innovazione che noi abbiamo proposto è una sorta di “chilometro zero dello spreco”: consumi l’eccedenza, l’invenduto, la perdita, il surplus laddove si “forma”.

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