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Scuola ‘rifiuta’ la bambina con Hiv: già 35 comunità le avevano detto ‘no’

Il caso, pubblicato da Avvenire, diventa mediatico e si avvia alla soluzione: l’ufficio scolastico campano sta contattando i vari presidi. Il ministro Giannini: “Presto a scuola”. Ma per la mamma affidataria “è stata una vicenda mortificante, grave la violenza delle istituzioni: soprattutto inaccettabile la proposta dell’apprendimento a distanza”

Hiv

Per Francesca (nome di fantasia) è stato, più o meno, il 36° rifiuto in 10 anni di vita, faticosa e difficile: la scuola media non l’ha voluta accogliere, il preside è stato irremovibile quando ha scoperto che, oltre al ritardo cognitivo, aveva una malattia “brutta” come l’Hiv. Prima di lui, altre 35 persone avevano detto di no a Francesca: tante sono infatti le comunità di accoglienza accreditate nel comune di Napoli che non l’hanno voluta accogliere, spaventate da una malattia che ancora si crede “contagiosa”, avvolta da un’ignoranza cieca. 

Il “caso” si sta risolvendo, ma… Ora che la storia di Francesca apre le pagine di un quotidiano nazionale (Avvenire), perché i suoi genitori affidatari hanno deciso di denunciare “le violenze che questa bambina da sempre subisce da parte delle istituzioni”, adesso sì, il caso pare stia trovando una soluzione. “Mi ha appena chiamato l’ispettrice dell’Ufficio scolastico regionale – ci racconta stamattina Fortuna, mamma affidataria di Francesca, della Comunità di Capodarco di Teverola, in Campania – Si è detta stupita e dispiaciuta per il clamore mediatico di questa vicenda, che lei considerava risolta. Adesso sta contattando i vari presidi delle scuole limitrofe e sicuramente qualcuno adesso sarà pronto ad accogliere questa bambina. Ma la violenza subita e l’offesa ai diritti non saranno cancellati facilmente. Quante famiglie vivono la stessa condizione di marginalità e discriminazione da parte delle istituzioni?Cosa accade a chi non si rivolge ai media, perché semplicemente non ne ha la forza?”. 

In ospedale per un infarto. 16 chili a 10 anni. Quella di Francesca è infatti una storia di ripetute negligenze e carenze istituzionali, che diventano soprusi e violazione di diritti. “Questa bambina proviene da una famiglia che vive in condizioni di gravissima emarginazione sociale ed economica – ci racconta Fortuna – Ha frequentato una scuola fino allo scorso anno, dove nessuno si è reso conto – o ha fatto finta di non rendersene conto – della situazione. Aveva il sostegno scolastico per il suo ritardo psichico. Ma è stata sempre promossa, anche l’ultimo anno, seppur non sapesse leggere né scrivere. La scuola è la prima istituzione che non si è curata di lei e della sua famiglia, ma ha preferito sbarazzarsene al più presto”. Fin quando, il 3 febbraio scorso, Francesca è arrivata in ospedale “quasi morta – racconta Fortuna – Aveva avuto un infarto. A 10 anni pesava 16 chili. E’ lì che la malattia è stata conclamata: prima, in dieci anni, nessuno se ne era accorto. E’ stata ricoverata per quattro mesi. Dopodiché le istituzioni si sono rese conto che quella famiglia non era in grado di curarsi di lei: doveva prendere dodici medicine al giorno ed essere seguita con molta attenzione”. 

Il “no” delle strutture di accoglienza. E’ iniziata così la ricerca di una struttura capace di prenderla in carico. “Ce ne sono 35, accreditate con il comune di Napoli. La comunità di Capodarco, per scelta, non è accreditata. La procura ha fatto il nostro nome ‘in extremis’, perché nessun’altra struttura si era resa disponibile”. Fortunata e il marito Antonio sapevano a cosa andavano incontro: “le carte mettevano paura: parlavano di una condizione sociale e medica spaventosa. Abbiamo chiesto ai nostri quattro figli (il primo adottato, gli altri tre ‘naturali’) di dirci un sì o un no, in tutta libertà. E hanno detto sì, tutti”. Il 17 giugno, quindi, Francesca è entrata in questa famiglia, che ha iniziato a prendersene cura e, naturalmente, a cercare una scuola per lei. “Inizialmente nessun problema, il preside si è detto pronto ad accoglierla. Poi, il 4 settembre, quel sì si è trasformato in un diniego: ufficialmente, non c’era posto per lei, troppi iscritti. Ma l’ufficio scolastico aveva anche concesso la sezione supplementare che il preside aveva chiesto, quindi è evidente che le ragioni del diniego fossero altre: la “paura irrazionale” del contagio, l’’ignoranza che avvolge questa malattia e che si abbatte con una violenza incredibile contro questa bambina”.

Apprendimento a distanza. Più volte Fortuna si è rivolta all’Ufficio scolastico regionale, fin quando “il personale ispettivo chiamato in causa ha ritenuto di aver trovato la soluzione: l’apprendimento a distanza, come il bambino che studia sulla barca,perché ha una forma grave e rara di asma bronchiale. Ci hanno parlato anche di una circolare ministeriale, che avrebbe impedito la frequenza scolastica della bambina. Perché? Per ignoranza e paura, visto che non c’erano proprio ragioni di ordine medico: la bambina assume i suoi farmaci la mattina alle 8, la scuola non si sarebbe dovuta certo occupare di questo. E poi chiedevamo che frequentasse solo tre ore al giorno: ma per lei entrare in una classe ogni giorno è importante. E no fa che chiedercelo, da quando è arrivata. Di fronte alla ‘soluzione’ dell’ufficio scolastico, mi sono sentita mortificata – riferisce Fortuna – sentivo quella proposta pesante, ingiusta. Non le ho neanche risposto: mi sono rivolta direttamente al ministero, scrivendo con mio marito una lettera alla Giannini, che oggi è stata pubblicata su Avvenire. Dal ministero non abbiamo avuto risposta, ma mi ha contattato l’ufficio scolastico: l’ispettrice era molto stupita che quella soluzione non mi andasse bene. Ora che l’ha capito, ne troverà un’altra: sta prendendo contatti con i vari presidi, mi ha detto. Sono sicura che adesso tutto si risolverà e il caso sarà chiuso. Ma non si cancella facilmente il dolore e l’offesa che a questa bambina, alla sua famiglia e a tutti noi che l’abbiamo a cuore è stata procurata. E resta forte la preoccupazione per tutte quelle famiglie – chissà quante – che vivono la stessa emarginazione, ma non hanno la forza o la possibilità di suscitare quel clamore mediatico senza il quale, pare, può avvenire qualsiasi violazione dei diritti fondamentali”.

In serata l’intervento del ministro all’istruzione, Stefania Giannini, che ha garantito: “Nei prossimi giorni la ragazza entrerà in classe e se qualcuno ha sbagliato, pagherà!”.


Redezione Papaboys (Fonte www.redattoresociale.it/cl)

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