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Claudia, travolta da un’auto si è svegliata dal coma dopo un mese e tante preghiere

Il primo segnale del risveglio sono stati i suoi occhi azzurri aperti e lo sguardo che ha seguito i movimenti dei medici impegnati attorno a lei. Così Claudia Buccafusca è uscita dal tunnel del coma dopo 27 giorni. È tornata da un limbo che concede solo due possibilità: la vita o la morte. “Papà” è stata la prima parola, il 7 gennaio. E attorno a lei è scoppiata la festa di camici bianchi e verdi nel reparto di seconda rianimazione dell’ospedale Civico. “Voglio un gelato”, il primo desiderio. Ieri ha tentato anche di alzarsi: “Voglio tornare a casa”, ha detto.

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Claudia ha 29 anni e la sera dell’11 dicembre è stata travolta da una Smart mentre attraversava via Francesco Crispi in compagnia di altre due ragazze. L’impatto ha cristallizzato la sua vita a quel venerdì spensierato, quando stava andando in un pub per il compleanno di un’amica.

Per tutto questo tempo i suoi genitori sono rimasti seduti sulle panche dell’ospedale, aggrappati alla speranza. “I medici – racconta la mamma, Piera Galliano, commerciante – erano stati chiari sin da subito: la situazione era disperata e le possibilità che Claudia si salvasse praticamente nulle”. La Smart nell’impatto le aveva provocato la rottura della milza, un trauma ai polmoni, fratture al bacino, a una clavicola e a una spalla. Il coma era profondo. Quarantotto ore, il tempo fissato dai sanitari, e poi si sarebbe scivolati verso l’addio.

E, invece, sono trascorsi 27 giorni in cui la famiglia di Claudia, una rappresentante di prodotti per celiaci che abita a Ficarazzi, ha raggranellato come formiche operose un piccolo successo dopo l’altro. “Ogni giorno sul calendario segnavamo un “puntino della speranza”. Così abbiamo ribattezzato i passi in avanti di Claudia”, dice mamma Piera. Prima le emorragie che si attenuano, poi i drenaggi ai polmoni che spariscono come per incanto, infine la stretta alla mano della mamma e gli occhi sgranati. “Era il 30 dicembre. Ho pensato subito: “È fatta”. Ma i medici – ricorda Piera Galliano, due rosari al polso e due Tao al collo – mi hanno subito riportata alla realtà. Non dovevamo illuderci, potevano essere solo riflessi incontrollati”. Altri sette giorni e Claudia ha cominciato a parlare.

“Piangevo continuamente – ricorda Piera che adesso accenna un sorriso, seduta sulle scale dell’ospedale – e fissavo i muri, mi ostinavo con mio marito a parlarle continuamente, le sistemavamo accanto le foto dei parenti, del nipotino, degli amici. Mio marito, Marcello, ha un legame speciale con lei. Li chiamo gli innamorati. È stato straziante anche questo: vedere mio marito disperato accanto a mia figlia”. Sul braccio sinistro Claudia ha un tatuaggio: un’ancora con una M. Rappresenta il suo papà, un lavoratore portuale.

Il messaggio di solidarietà pubblicato per una donna che non ce l'ha fatta. Ci uniamo con una preghiera
Il messaggio di solidarietà pubblicato per una donna che non ce l’ha fatta. Ci uniamo con una preghiera

Marcello Buccafusca da due giorni parla senza sosta alla figlia, le chiede di tutto, le dà coraggio e le accarezza il volto. “Sono stata io a provocare l’incidente? Dov’è la mia auto? Ci sono morti?”, ripete Claudia. “Le continuiamo a ripetere che lei non c’entra nulla – racconta papà Marcello – e che è stato un automobilista a travolgerla. Le abbiamo spiegato che le sue amiche stanno bene e che lei era la più grave”.

All’ospedale Civico ieri c’era aria di festa.

“I medici non riescono a darci una spiegazione di quanto successo, io lo chiamo miracolo”, si commuove adesso Piera Galliano e si stringe ai suoi parenti che non vedeva da anni. “Questo è il secondo miracolo: ci eravamo allontanati per quei piccoli rancori che dividono. La rinascita di Claudia ci ha fatto ritrovare”. La porta del reparto si apre, mamma Piera entra e disinfetta le mani. Claudia ha chiesto la frutta. Ha fame, ha voglia di ricominciare a vivere

di Redazione Papaboys (Fonte Repubblica/ROMINA MARCECA)

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