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Il grande cuore dei francescani di Leopoli, senza sosta per aiutare chi scappa dalle bombe

Dall’accoglienza dei profughi agli aiuti, dai farmaci salvavita al soccorso a chi non può fuggire, la rete solidale dei frati minori conventuali. Nel convento di Leopoli gli addii fra i parenti
L’articolo di Gianni Gambassi per Avvenire on line

Un ponte solidale unisce Assisi all’Ucraina. È quello voluto fin dall’inizio del conflitto dai frati francescani conventuali che nel cuore dell’Umbria custodiscono la tomba del Poverello e che nel Paese attaccato dalla Russia sono in prima linea accanto alla gente.

Per aiutare i quindici religiosi che nei cinque conventi dell’Ordine si spendono per la popolazione in fuga dalla guerra o che ha scelto di restare, il Sacro Convento di Assisi ha lanciato la campagna «Una mano francescana all’Ucraina». È possibile donare 2 euro con un sms al 45515 da cellulare WindTre, Tim, Vodafone, Iliad, PosteMobile, Coop Voce, Tiscali; oppure 5 o 10 euro con chiamata da rete fissa Tim, Vodafone, WindTre, Fastweb e Tiscali e 5 euro con chiamata da rete fissa Twt, Convergenze, PosteMobile.

Per maggiori informazioni e per sostenere in altro modo i progetti dei frati nel Paese si può visitare il sito www.sanfrancesco.org. Si può contribuire anche con un bonifico sul conto corrente “Francesco d’Assisi, un uomo un fratello”; Iban: IT64R0200838278000103746115; Bic-Swift: UNCRITM1J12.

Lo chiama il «convento delle ultime cene». Sì, al plurale. E quando fra’ Mikola Orach ne parla, il tono della voce si fa cupo. Non siamo in Terra Santa ma nel cuore di Leopoli, in Ucraina. «È fra le nostre mura che abbiamo assistito e continuiamo ad assistere alle ultime cene di tanta gente», racconta il frate minore conventuale.

L’impegno per gli aiuti umanitari - sanfrancesco.org
L’impegno per gli aiuti umanitari – sanfrancesco.org

«Si fermano da noi quelli che fuggono dalla guerra. Abbiamo aperto la nostra casa accanto alla chiesa di Sant’Antonio. Arrivano intere famiglie: sono formate da marito, moglie e figli. Ma il marito non può lasciare il Paese, come ha stabilito il governo.

Allora accompagna il resto della famiglia fino al varco con la Polonia, magari in auto. E nel nostro convento c’è la sosta prima del congedo lungo il confine.

Dormono da noi. E consumano la loro ultima cena prima di separarsi. Si guardano negli occhi. Si accarezzano le mani. Nei loro sussurri e nei loro sguardi è racchiuso il dolore di un intero popolo aggredito. Ed è inammissibile che questo accada».

Qui l’articolo completo 

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