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Il mio calice lo berrete

1vvRIFLESSIONE SUL VANGELO DI QUESTO VENERDI’  –  Giacomo figlio di Zebedeo e fratello di Giovanni, fu con lui chiamato a far parte dei dodici apostoli; è uno dei tre “spettatori privilegiati” ammessi alla teofania della trasfigurazione ed è il primo a cogliere la palma del martirio. Fu fatto decapitare da Erode Agrippa verso l’anno 44. Una tradizione vuole che Giacomo abbia predicato in Spagna e che il suo corpo riposi a Campostela, ove sorge un celebre Santuario in suo onore, meta da tutti i tempi e da ogni luogo di pellegrinaggi pii e devoti.

San Paolo recita la litania della dura vita degli apostoli: tribolati, sconvolti, perseguitati, colpiti…, la più grande che si possa raccontare, di uomini capaci di dare tutto per la missione. I seguaci di Gesù, riconsocono di essere creature fragili, su cui opera in maniera misteriosa la forza dello Spirito: “noi abbiamo un tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi”. Il Signore sceglie ciò che in apparenza è informe per modellarlo secondo il suo disegno di Amore.

Il discepolo è chiamato a lasciarsi “plasmare”, per mostrare agli uomini non il suo volto, ma quello di Dio. Tutto ciò si scontra con le “pretese” umane di arrivare nei posti più alti “usando” l’appartenenza a Cristo. La madre di Giacomo, e di Giovanni, pretende per i figli giorni di gloria. Gesù risponde che non c’è posto per la gloria in questo mondo; c’è solo il calice della passione da bere fino all’ultimo sorso. Dice san Giovanni Crisostomo: “osservate, come Gesù li esorti e li trattenga… Infatti Giacomo, dopo la Pentecoste, tale sarà il suo fervore che, dimentico di ogni interesse terreno, perverrà a una virtù così alta, da essere ritenuto maturo di ricevere subito il martirio”. Noi a quale gloria aspiriamo aderendo a Cristo? Quella dei nostri interessi! Oppure alla gloria che passa dalla passione per arrivare alla Resurrezione?  a cura di don Salvatore Lazzara

 

 

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