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Vivere secondo il Santo Vangelo

Il Francescanesimo, in quanto spiritualità eminentemente cristocentrica, è imperniato sul santo Vangelo. Il suo Fondatore – come afferma il suo primo biografo – aspirava continuamente a conformare perfettamente la sua vita a quella di Gesù Cristo così come è descritta dagli Evangelisti nei loro racconti.

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L’ispirazione di san Francesco d’Assisi, era quella di vivere secondo la perfezione del Santo Vangelo. L’ideale evangelico da lui concepito s’inseriva come una vera novità nell’alveo della spiritualità cristiana e della società del tempo in cui egli visse. Infatti, se ogni cristiano è tenuto a vivere secondo gli insegnamenti del Vangelo e i religiosi anche a praticarne i consigli di obbedienza, povertà e castità, tuttavia prima di san Francesco nessun fondatore di Ordini aveva basato la sua Regola interamente sul Vangelo, da vivere secondo lo spirito e secondo la lettera, stricto et lato sensu, in quella radicalità che, non ammettendo compromessi, spinge ad osservarlo sine glossa, senza accomodamenti e interpretazioni arbitrarie.
Ogni espressione del Vangelo si presentava all’intelletto e all’affetto del Serafino d’Assisi gravida di un profondo significato da meditare e vivere in tutta la sua integrità. Che un’espressione proferita dal Maestro divino fosse precetto o consiglio, indirizzata a tutti o solo ad alcuni, valida per sempre o solo per il tempo in cui veniva pronunciata, che fosse una parabola o un avvenimento reale, erano questioni esegetiche su cui egli non si soffermava. Ascoltava la Parola di Dio e la recepiva così come suonava, comprendendone il senso spirituale e letterale, ma senza edulcorarlo né glossarlo con ragionamenti cavillosi che potessero offuscarne la semplicità (1). Se le circostanze non glielo impedivano, egli adempiva alla lettera quanto appreso dalla lettura o dall’ascolto della Parola divina. Avendo letto che il Signore disse: «Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle» (Mt 5,42), prese la risoluzione di non negare mai ad alcuno, per quanto era in suo potere, qualunque cosa gli domandasse in nome di Dio (2). Poiché aveva letto: «A chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello» (Mt 5,40), cedeva remissivamente la tonaca ai frati che gliela chiedevano per devozione (3).
Come tutti gli altri fondatori, san Francesco prescrisse il digiuno per la maggior parte dell’anno, però, mentre quelli proibivano l’uso di carne anche nei giorni in cui non si digiunava, il Santo volle che, conformemente all’insegnamento lasciatoci da Gesù (cf. Lc 10,8), fosse permesso ai frati mangiare tutti i cibi che fossero stati loro presentati da coloro presso cui si recavano nei viaggi apostolici (4). Pur se questa innovazione non mancò di suscitare meraviglie anche tra alcuni dei suoi confratelli, non volle mai discostarsi dalla norma data dal Signore agli Apostoli e riportata nel Santo Vangelo (5).
Anche il saluto francescano «il Signore ti dia pace» (2Ts 3,16), con il quale il Santo iniziava ogni sua predica e con il quale esortava i suoi frati a rivolgersi agli abitanti delle case nelle quali si recavano, ha un’origine evangelica. Infatti, esso risale al comando dato da Gesù agli Apostoli quando li inviò a predicare esortandoli così: «Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne sarà degna, la vostra pace scenda sopra di essa; ma se non ne sarà degna, la vostra pace ritorni a voi» (Mt 10,12-13).
Perfino nella scelta di utilizzare stoffa rozza per la tonaca san Francesco si lasciò guidare dalla parola evangelica, che recita così: «Quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re!» (Mt 11,8). Per tal motivo comandò ai frati di usare vesti umili e rattoppate (6): voleva che essi fossero seguaci esemplari del Vangelo e lo insegnassero con l’esempio oltre che con la parola. Ovviamente, ciò che egli voleva seguire alla lettera era soprattutto l’esempio morale di Gesù, cosa che lo induceva ad osservare, per quanto gli era possibile, anche i suoi esempi concreti.
Né san Pacomio e san Basilio in Oriente, né i fondatori di Ordini franchi o irlandesi del primitivo Medioevo si spinsero a tanto. Anche se le due Regole monastiche in vigore sul principio del XIII secolo, ossia quella benedettina e quella agostiniana, ponevano il Vangelo alla base della vita di consacrazione a Dio, non solo non vincolavano il religioso ad adempiere il Vangelo in forza della sua professione, ma escludevano anche alcuni aspetti della vita evangelica, come la predicazione e l’attività missionaria, inconciliabili con la stabilitas loci e propri della vita apostolica. San Francesco era consapevole che la sua fondazione era una realtà totalmente nuova rispetto a quelle già presenti nella Chiesa e non l’imitazione o la derivazione di una di esse. La sua vocazione era segnata da interventi straordinari dall’Alto – come si può evincere facilmente dalle fonti biografiche (7) – e per tutta la vita egli fu persuaso che la Regola gli era stata rivelata da Cristo stesso. Nel Testamento, con sguardo retrospettivo, san Francesco scrisse che, dopo che si unirono a lui alcuni compagni, nessuno gli indicò cosa dovesse fare, ma lo stesso Altissimo gli rivelò che doveva vivere secondo il Vangelo, intendendo provare, con tali parole, l’origine divina della sua ispirazione.
Per tal motivo, quando il cardinale Giovanni di San Paolo – come attesta il Celano – gli consigliò di scegliere la vita monastica o quella eremitica, egli ricusò umilmente (8), ritenendo che la sua istituzione si differenziasse dall’una e dall’altra e dovesse mantenere la sua specificità. Lo stesso Celano ci assicura che il Santo non volle accettare neppure la proposta fattagli da san Domenico di unire in uno solo i due Ordini da essi fondati, quello dei Predicatori e quello dei Minori (9), convinto che avessero missioni specifiche diverse, benché convergenti in un unico fine, e che la sua fraternità dovesse mantenere intatta l’indole spirituale che egli le aveva impresso fin dall’inizio. Fin all’approssimarsi della morte, pertanto, san Francesco difese strenuamente l’originalità della sua vocazione, che non era né monastica né clericale né eremitica né laicale, ma evangelica. Questo fu l’ideale supremo della sua vita e della sua vocazione e lo sarà per tutti i suoi seguaci fino alla fine dei tempi.
Egli, volendo cooperare a condurre tutta l’umanità all’osservanza perfetta della Parola di Dio, non diede se non norme evangeliche anche alle Povere Dame di San Damiano e ai secolari che chiesero di far parte della sua famiglia spirituale costituendo il Terz’Ordine. In tal modo, l’intero movimento francescano si presenta con un carattere essenzialmente evangelico, animato dall’intento di ricondurre all’osservanza pura del Vangelo l’intera cristianità, la quale sarebbe stata spiritualmente beneficata dai frati con la predicazione e l’apostolato missionario, dalle Clarisse con l’offerta della loro vita contemplativa e dai laici con la testimonianza della penitenza praticata nel loro stato di vita.

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Note
1) Circa lo spirito e la lettera, nelle Ammonizioni (cf. Fonti Francescane [FF], n. 156) il Santo scrive: «Dice l’apostolo: “La lettera uccide, lo spirito invece dà vita”. Sono uccisi dalla lettera coloro che desiderano sapere unicamente le sole parole, per essere ritenuti i più sapienti in mezzo agli altri e potere acquistare grandi ricchezze e darle ai parenti e agli amici. E sono uccisi dalla lettera quei religiosi che non vogliono seguire lo spirito della divina Scrittura, ma piuttosto bramano sapere le sole parole e spiegarle agli altri. E sono vivificati dallo spirito della divina Scrittura coloro che ogni scienza, che sanno e desiderano sapere, non l’attribuiscono al proprio io carnale, ma la restituiscono con la parola e con l’esempio all’altissimo Signore Dio, al quale appartiene ogni bene».
2) Cf. FF 1028; FF 349.
3) Cf. FF 767. A san Domenico cedette il suo cingolo: cf. FF 1729.
4) Cf. Regola non bollata, cap. III: FF 12; Regola bollata, cap. III: FF 86.
5) Cf. FF 2333-2334.
6) Cf. Rnb II: FF 8; Rb II: FF 81.
7) Si vedano, ad esempio, FF 591, in cui si racconta come il Signore lo invitò a riflettere sulla fatuità della vita mondana; FF 593, sulla voce udita davanti al Crocifisso di San Damiano che gli annunciò la sua missione di riparare la Chiesa.
8) Cf. FF 374.




Redazione Papaboys (Fonte www.settimanaleppio.it/Suor M. Grazia Palma, FI)

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