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Vangelo 22 Novembre 2018. Se avessi compreso quello che porta alla pace!

Lc 19,41-44
Se avessi compreso quello che porta alla pace!

In quel tempo, Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa dicendo:
«Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi.
Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata».

Vangelo
Alla vista della città pianse su di essa

Gerusalemme è distrutta. Il profeta piange sulle sue rovine, sulle sue morti, sulla solitudine e sull’abbandono in cui la città è caduta a causa dei suoi misfatti. È un pianto amaro quello del profeta. Ma esso è fatto dopo gli eventi da lui precedentemente annunziati e quasi descritti. Nessuno però ha creduto alla sua profezia!

Come sta solitaria la città un tempo ricca di popolo! È divenuta come una vedova, la grande fra le nazioni; la signora tra le province è sottoposta a lavori forzati. Piange amaramente nella notte, le sue lacrime sulle sue guance. Nessuno la consola, fra tutti i suoi amanti. Tutti i suoi amici l’hanno tradita, le sono divenuti nemici. Giuda è deportato in miseria e in dura schiavitù. Abita in mezzo alle nazioni, e non trova riposo; tutti i suoi persecutori l’hanno raggiunto fra le angosce. Le strade di Sion sono in lutto, nessuno si reca più alle sue feste; tutte le sue porte sono deserte, i suoi sacerdoti sospirano, le sue vergini sono afflitte ed essa è nell’amarezza. I suoi avversari sono suoi padroni, i suoi nemici prosperano, perché il Signore l’ha afflitta per i suoi misfatti senza numero; i suoi bambini sono andati in esilio, sospinti dal nemico. Dalla figlia di Sion è scomparso ogni splendore.

Gerusalemme ha peccato gravemente

I suoi capi sono diventati come cervi che non trovano pascolo; camminano senza forze davanti agli inseguitori. Gerusalemme ha peccato gravemente ed è divenuta un abominio. Quanti la onoravano la disprezzano, perché hanno visto la sua nudità. Anch’essa sospira e si volge per nasconderla. La sua sozzura è nei lembi della sua veste, non pensava alla sua fine; è caduta in modo inatteso e nessuno la consola. «Guarda, Signore, la mia miseria, perché il nemico trionfa». L’avversario ha steso la mano su tutte le sue cose più preziose; ha visto penetrare nel suo santuario i pagani, mentre tu, Signore, avevi loro proibito di entrare nella tua assemblea. Tutto il suo popolo sospira in cerca di pane; danno gli oggetti più preziosi in cambio di cibo, per sostenersi in vita.

«Osserva, Signore, e considera come sono disprezzata! Voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c’è un dolore simile al mio dolore, al dolore che ora mi tormenta, e con cui il Signore mi ha afflitta nel giorno della sua ira ardente. Dall’alto egli ha scagliato un fuoco, nelle mie ossa lo ha fatto penetrare. Ha teso una rete ai miei piedi, mi ha fatto tornare indietro. Mi ha reso desolata, affranta da languore per sempre. S’è aggravato il giogo delle mie colpe, dalla sua mano sono annodate. Sono cresciute fin sul mio collo e hanno fiaccato la mia forza.

Il Signore mi ha messo nelle loro mani, non posso alzarmi. In mezzo a me ha ripudiato tutti i miei prodi, ha chiamato a raccolta contro di me per fiaccare i miei giovani; il Signore ha pigiato nel torchio la vergine figlia di Giuda. Per questo piango, e dal mio occhio scorrono lacrime, perché lontano da me è chi consola, chi potrebbe ridarmi la vita; i miei figli sono desolati, perché il nemico ha prevalso». Sion protende le mani, nessuno la consola. Contro Giacobbe il Signore ha mandato da tutte le parti i suoi nemici.

«…Ascoltate, vi prego, popoli tutti…»

Gerusalemme è divenuta per loro un abominio. «Giusto è il Signore, poiché mi sono ribellata alla sua parola. Ascoltate, vi prego, popoli tutti, e osservate il mio dolore! Le mie vergini e i miei giovani sono andati in schiavitù. Ho chiamato i miei amanti, ma mi hanno tradita; i miei sacerdoti e i miei anziani sono spirati in città, mentre cercavano cibo per sostenersi in vita. Guarda, Signore, quanto sono in angoscia; le mie viscere si agitano, dentro di me è sconvolto il mio cuore, poiché sono stata veramente ribelle. Di fuori la spada mi priva dei figli, dentro c’è la morte. Senti come gemo, e nessuno mi consola» (Lam 1,1-23).

Piange il Figlio Unigenito del Padre

Gesù, vero profeta del Dio vivente, piange prima che gli eventi accadano, allo stesso modo che il profeta antico ha pianto dopo gli aventi accaduti. Quella di Gesù è vera lamentazione, più forte ed eloquente di quella antica. Essa attesta che tutto sarà compiuto della sua profezia. Della città non resterà pietra su pietra. Gesù piange perché vede tutto già compiuto. Nulla deve avvenire. Lui vede nello spirito e piange. Chi piange questa volta non è un uomo. Piange il Figlio Unigenito del Padre.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci piangere ogni peccato.

Commento a cura del Movimento Apostolico

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