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Sono stato salvato da un perdono. Parla Emanuele

Raccontare di me oggi è rendermi conto della trasformazione naturale che c’è stata innanzitutto nella relazione con Dio ed in tutte le mie relazioni; è vedermi diventare finalmente un donatore di amore e non più uno che lo ruba dove gli capita.

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A 14 anni ero un ragazzo tranquillo anche, forse, un po’ tonto. Ero tutto casa e chiesa, già animatore in parrocchia senza sapere bene chi fosse Dio per me. Già rubacchiavo l’amore ma non me ne rendevo conto e lo facevo perché in famiglia qualcosa era mancato sopratutto il rapporto con mio padre: uomo dai mille vizi e incapace (non per colpa sua) di amare veramente qualcuno.

Questo accade fin da quando sei piccolo e ti lascia ferite di cui crescendo non ti accorgi, e lasci andare.

Arrivano i 16 anni e con questi il lento declino. Mio padre si ammala, ha un’emorragia cerebrale (finirà su di una sedia a rotelle) ed io e mia sorella rimaniamo a casa da soli, imparando a fare le cose da grandi quando nessuno dei due lo era. Ed è qui che mi rendo conto di una cosa: io, in fondo, non avevo fatto nulla per meritarmi tutto quello che era successo: né di avere un padre così, né tutta quella sofferenza.

E allora mi chiedo in continuazione perché: “perché a me? Cosa ti ho fatto di male? Ed ora come si aggiustano le cose?”. Queste domande erano dirette a Dio. Mi sono arrabbiato con lui e ho deciso che quelle domande non le avrei più ascoltate.

Comincia così la mia doppia vita: catechista il pomeriggio, perché ti da quella dose di accettazione che in fondo desideri e di cui hai bisogno, fattone la sera.

Comincia il tram tram delle canne e dello spaccio. É un attimo: da una si passa a due, poi a tre e alla fine arrivi a 19 anni intorno ad una quindicina di canne al giorno. Ovviamente la rabbia non diminuisce, così decido di porre un freno anche con la chiesa: Dio me l’aveva fatta troppo grossa, oramai ero “grande” avevo un papà (rabbioso) sulla sedia a rotelle in casa. Mia madre e mia sorella decidono di scappare perché vivere con lui era diventato impossibile ed io resto lì, a fare cosa?

Un sera decido di smettere di fumare, al tempo la chiamai tachicardia, ora direi una bella “manona” di Dio sulla mia testa. Nessuna ripercussione, nessun tentennamento. Le persone che mi conoscono ridono quando gli dico di aver smesso (oh ridono di gusto eh!!). Le domande che fino al giorno prima avevo sotterrato tornano a galla e oramai sono gigantesche. Tutte rispondo ad un bel buco nero che chiamo “perché nessuno mi ama?”.




Questo era quello che ero. Poi è avvenuta la lenta ri-conversione, un po’ come Maria Maddalena al sepolcro che si volta indietro e finalmente riconosce Gesù: un giorno un’amica mi porta, con una scusa, in chiesa e mi fa conoscere un sacerdote e lui di punto in bianco mi offre di vederci per un caffè. Accetto il caffè convinto che mi avrebbe fatto un’omelia gigantesca e invece si dimostra solamente accogliente, mi lascia parlare di tutto e alla fine parlo anche di Dio che scopro di avere abbandonato solo io. Lui era lì ed io lo riconosco di nuovo e parlo di Lui come non ho mai fatto.

Li ricomincia il rapporto con Dio fatto di preghiera, messe (anche in mezzo alla settimana), parlare con Dio a tu per tu in quella cappellina che diventa quasi casa tua.

Lentamente mi riapproprio di me stesso, di ciò che sono e Dio mi dimostra il suo amore infinito nonostante io continui a rubare l’amore in tutte le cose che faccio, dal servizio alla relazione con la mia ragazza, fino all 2 Agosto di quest’anno. In Porziuncola porto la mia sofferenza in un pianto liberatorio lungo dieci anni di lacrime sotterrate. Mi tocca il Suo amore, il Suo abbraccio paterno, quello che avevo sempre desiderato da mio padre. Lui da padre me lo regala. Dico tra me e me: vedi a lasciar spazio a Lui che cose che fa?!

Avevo scoperto la Provvidenza per me, e ora la volevo concretizzare in casa, con mio padre. Oramai lo avevo già perdonato perché, in fondo, mi aveva donato la cosa più importante: la vita, che avevo scoperto essere bellissima.

Ma forse Lui non aveva perdonato me. Un giorno lo ritrovo lì in casa, in un lago di sangue per via della dialisi e dal momento in cui inizio a prendermi cura di lui ci ritroviamo ancorati ad un amore nuovo, ad un modo di guardarci nuovo che non è il nostro ma Grazia vera di Dio. Oggi facciamo cose da padre a figlio mai fatte in vita nostra, non volano più insulti dentro casa ed io ho scoperto l’amore e come si dona in maniera gratuita, spezzandosi per qualcun altro, proprio come se fossimo eucarestia.

Ho scoperto che Dio non dà una vita diversa ma fa diversa la vita, ti dona quel famoso cuore di carne di cui parla il profeta Ezechiele, quel cuore che dice: “la vita è bella”, centrati in Dio è meravigliosa! Per quante cose brutte possano succederci c’è un amore più grande per te, gratuito, che se gli lasci spazio fa veramente Miracoli.




Emanuele, della Gioventù Francescana http://www.fratisog.it/

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