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HomeNewsItaliae et EcclesiaMoraglia alle parrocchie di Venezia: 'Non possiamo chiudere il cuore'

Moraglia alle parrocchie di Venezia: ‘Non possiamo chiudere il cuore’

Come gli arcivescovi di Torino e Milano, il patriarca interviene sul dramma dei profughi e dei migranti e invita parroci e comunità a uno “scatto di sensibilità e generosità” collaborando con le strutture caritative e di volontariato della diocesi. Anche nei gesti più umili d’accompagnamento.

Patriarca Moraglia

Non possiamo davvero chiudere il cuore.Come dicevo già l’altro giorno, mentre ero in visita alla Casa dell’Ospitalità di Mestre, non è possibile ignorare e tralasciare la vastità e la portata della tragedia umana che si riversa quotidianamente sull’Italia e sull’intera Europa: l’accoglienza è un imperativo“.
Comincia così l’appello alla generosità che oggi il patriarca di Venezia, monsignor Francesco Moraglia, ha voluto diffondere dalla città lagunare. Un appello all’accoglienza dei profughi che stavolta  è rivolto in primis ai fedeli, alle comunità e ai parroci. Ma che parla anche al mondo della politica.
 
“Le notizie drammatiche di chi ha trovato la morte durante la traversata in mare o nascosto all’interno di un tir – ma chissà quante altre morti a noi rimangono ignote – ci consegnano la disperazione di tante persone e tanti popoli”, continua il testo.  “E ci fanno capire che tali vicende non sono l’emergenza di un “momento”, ma una tendenza destinata ad accompagnarci per anni. Torno ad auspicare – e in proposito rimando ad altri miei interventi in cui mi sono soffermato sulla necessità dell’accoglienza – un intervento della politica “alta”, equilibrata e saggia, che non dovrebbe mai mancare ad ogni livello (locale, nazionale e internazionale) e in ogni frangente, capace di guardare oltre l’interesse contingente del momento e il risultato elettorale. In particolare, urge un nuovo strumento legislativo in grado di rispondere alle dimensioni epocali assunte dal fenomeno migratorio. La memoria storica delle antiche responsabilità coloniali e post-coloniali ci deve rendere ancor più partecipi del presente travagliato e del futuro incerto di tanti nostri fratelli”.

Quindi la riflessione coinvolge i fedeli. “Non è però possibile – continua – fermarsi ad un’analisi politica. La nostra diocesi attualmente sostiene ed assiste stabilmente diversi gruppi di persone, in luoghi di accoglienza che vogliono essere a dimensione umana, impegnandosi a curare qualità e servizi, cercando anche un possibile inserimento nel tessuto sociale, evitando per quanto possibile di creare tensioni e “ghetti”. Per questo motivo desidero rivolgermi in modo particolare ai nostri parroci e alle nostre comunità sollecitando uno speciale, concreto e intelligente “scatto” di sensibilità e generosità, facendo riferimento alle strutture caritative e di volontariato nostre o di altri. Realtà che quotidianamente offrono servizi attraverso centri d’ascolto, mense e dormitori dove stranieri e anche italiani in difficoltà si rivolgono per un aiuto”.

Bimbo morto

“Proprio secondo questa logica, si è voluta con forza la mensa-dormitorio Papa Francesco di Marghera, superando non poche difficoltà burocratiche e ambientali. In vista di un’accoglienza che sia anche integrazione non è da sottovalutare la vicinanza e il sostegno che possiamo concretamente dare a profughi e migranti accompagnandoli nelle procedure necessarie per richiedere visite e documenti, offrendo corsi di lingua italiana e anche con l’opportunità di svolgere piccoli servizi a favore della comunità locale, occupando in modo socialmente utile il non poco tempo disponibile. Favorire sempre più tali gesti semplici di accoglienza e di autentica prossimità è modo semplice ed efficace per scacciare paure, talvolta forzosamente indotte, per allontanare sentimenti di ostilità, per prevenire e sconfiggere conflitti e tensioni”.

E quindi conclude :”Ringrazio coloro che già si impegnano nelle diverse strutture e nei vari servizi esistenti e incoraggio anche altri ad unirsi a quest’azione. È un passo concreto per generare cultura di solidarietà e integrazione, venendo incontro a uomini, donne e bambini disperati. Chiedo alle differenti componenti della nostra Chiesa di cogliere il senso del momento presente che ci interpella e domanda saggezza e dedizione, nello spirito cristiano di una gratuità e di un servizio che non solo aiuta e soccorre ma ci rigenera come comunità che, particolarmente, riconosce nel fratello sofferente il segno della presenza di Cristo”.

Nel giugno scorso il Patriarca era già intervenuto con parole  severe nei confronti dell’Europa, definendo “inaccettabile e vergognoso” che l’Italia fosse stata lasciata sola  ad affrontare il problema così  “immane” che riguarda  interi continenti. E aveva , in quell’occasione, parlato di  immagine dell’Europa che ne usciva “particolarmente compromessa”.

Redazione Papaboys
(Fonte www.famigliacristiana.it/Alberto Laggia)

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