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La storia di Tino: l’edicolante senza più un’edicola che non si arrende!

Una vita da edicolante alla stazione di Grandate-Breccia, in provincia di Como. Fino a quando, nell’estate 2013, Ferrovie Nord chiude l’edicola-bar che aveva in concessione. Ernesto Blini, detto Tino, decide però di non arrendersi e di continuare a fare il suo lavoro. All’aperto. Fuori dal suo chiosco, ogni giorno, Tino continua a vendere i giornali. Pioggia, vento, neve o l’afa di agosto: niente lo ha fermato, da tre anni a questa parte non c’è stato giorno in cui Tino non sia stato qui.

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“La mia giornata inizia alle 4:30”, racconta Tino, 67 anni. “Ogni mattina arrivo in stazione in bicicletta e aspetto il furgone dei giornali. Poi allestisco la mia edicola davanti alla porta chiusa del chiosco che gestivo”.
Uno sgabello, qualche sedia, una fila di scatole di plastica rovesciate e un piccolo espositore con i giornali tutti ben allineati. “Assicuro il quotidiano dalle 5 del mattino alle 19, tutti i giorni, a parte la domenica che arrivo alle 8 perché non ci sono i pendolari”. Alla sera Tino ritira i giornali invenduti, impila cassette e sedie, e torna a casa. “Amo il mio lavoro, è la mia vita. Se fa freddo non importa, basta coprirsi bene. L’importante è la salute e l’affetto della gente, mi basta questo”.

Attorno ai cancelli e alle porte chiuse dell’edicola-bar “Blini” adesso ci sono solo cinghie, lucchetti e serrande abbassate. Ferrovie Nord, proprietaria dei locali, l’ha chiusa nell’estate 2013 per lavori di ristrutturazione. Da quel giorno di tre anni fa, lo storico locale che la famiglia di Tino aveva in concessione da tre generazioni, è stato chiuso. Ma i lavori all’interno dell’edicola non sono mai iniziati. Solo ad aprile di quest’anno è stato avviato il cantiere per il rifacimento della stazione, ma la ristrutturazione del chiosco non è ancora partita.

“La mia era una piccola edicola-bar, una specie di chiosco”, spiega Tino. “Davanti al bancone c’erano giornali e caffè. Dietro avevo una piccola cucina dove preparavo i panini per gli studenti. Vendevo anche caramelle, gelati e vino”. Ora di quel chiosco pieno di vita e di storie, non resta che un locale vuoto, polvere e catene. Tino però non si è mai arreso e ha continuato imperterrito a fare il suo lavoro: vendere giornali. Edicolante anche senza edicola. Incoraggiato anche dall’affetto della gente che, dice, “non è mai mancato”.

“Questa edicola per me è tutto. Qui sono passate tante generazioni di ragazzi e adesso spero di vederne di nuove. Ho visto studenti diventare ingegneri, medici, sacerdoti, amministratori di società. Tanti poi si sono trasferiti all’estero, hanno fatto carriera e sono tornati a trovarmi: quasi non li riconoscevo, ma loro si ricordavano di me e di questo posto. È una bella soddisfazione”, racconta Tino che, con la sua famiglia, da qui ha visto come sono cambiate le abitudini e gli stili di vita dei pendolari negli anni. “Un tempo in stazione si arrivava in bicicletta e il nostro deposito ne contava quasi 200 ogni giorno. La gente era sempre di corsa: arrivava in stazione, lasciava la bici a mio padre senza neanche legarla, prendeva il giornale e poi saliva sul treno. Poi sono arrivate le Lambrette, le Vespe e i motorini. Oggi non c’è più un posto per le biciclette ma un parcheggio per le macchine. La gente però è sempre di corsa e continua a prendere i giornali”.

In questi anni Tino ha mantenuto i suoi vecchi clienti, a cui si sono aggiunti i nuovi. Si è circondato dell’affetto della gente e delle nuove generazioni di giovani e lavoratori che ogni giorno passano di qui. “Ho conosciuto tante persone in questi anni, qualcuno anche famoso come l’ex presidente Giovanni Gronchi, la famiglia Mondadori e i fratelli Pisanò, gente che comparava anche tre o quattro quotidiani a testa”. Dagli studenti della vicina scuola Magistri Cumacini ai medici dell’ospedale Sant’Anna fino agli operai delle fabbriche della zona. Su un foglio segna tutti gli ordini della giornata e la sera aspetta gli ultimi pendolari per consegnare loro il giornale. “Conosco tutti i miei clienti. Ci sono sempre i ritardatari e io li aspetto. C’è un avvocato che ogni mattina mi compra cinque quotidiani”, racconta Tino. “Nel periodo della crisi c’è stato qualche calo di vendita ma io non l’ho sentito più di tanto. La mia edicola è viva. Mi spiace solo non avere lo spazio per tenere le riviste come prima”.

Ma anche senza le quattro mura del chiosco, lo spirito del suo bar non è morto. Nonostante la fretta, tra le banchine e la sala d’attesa, si trova anche il tempo per due chiacchiere e una risata con il giornalaio. “Ogni tanto intrattengo i miei clienti con qualche battuta per stuzzicarli un po’ sulle loro idee politiche, ma non bisogna mai contraddirli, altrimenti si arrabbiano”.

Alla stazione di Grandate-Breccia Tino è un’istituzione. Conosce tutti gli orari dei treni per Como e per Milano. “Fra quanto arriva il treno per il lago?”, chiede una turista spaesata. “Alle 18.30”, risponde Tino. “Trovo la mia giornata molto bella e soddisfacente. Non cambierei la mia vita con nessun’altra. Non vado neanche in vacanza, io sto bene qua”.
Alle Ferrovie Nord chiede che l’edicola venga riaperta e pur di essere ascoltato, dice, si rivolgerà anche a Roberto Maroni, presidente della Regione Lombardia. “Farò appello al governatore, come facevano nell’antica Roma”, commenta amareggiato con un misto di sarcasmo che a Tino non manca mai.

“Mi avevano detto che chiudevano l’edicola in vista di Expo e mi avevano promesso la ristrutturazione del locale, tanto che mi avrebbero dato anche la biglietteria. Non è avvenuto niente di tutto questo”, racconta. “Spero ci sia qualche amministratore ora che si metta la mano sul cuore. Tante volte mi hanno detto ‘Blini abbi pazienza’. Io sto ancora aspettando. Voglio sapere il motivo per cui non mi viene data la concessione”. Ma Tino continua a sperare che Ferrovie Nord gli dia la possibilità di continuare qui. “Anche se non ristrutturano il locale, mi accontento di rientrare come prima, basta che mi concedano di andare avanti”. Mette anche in campo di sistemarlo lui: “Potrei farlo piano piano con i miei risparmi”.

Intanto, attorno a Tino, si è creata una piccola comunità di sostenitori, tra vecchi affezionati e nuovi amici. “Nessuno qui pensava a una chiusura così lunga”, spiega Roberto Gerosa, 73 anni, uno degli storici frequentatori del bar-edicola della stazione. “Ci siamo illusi tutti che fosse un situazione provvisoria, o almeno, noi l’avevamo interpretata così. Non capisco il motivo della chiusura del locale. Qui intorno non c’è neanche un bar o un punto di ristoro per i tanti pendolari che passano di qui ogni giorno. Per un periodo la stazione è rimasta anche con i bagni chiusi e senza un goccio d’acqua. È Tino che li pulisce ogni mattina, per renderli accessibili almeno a mamme e bambini”.

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Dopo le tante segnalazioni, Ferrovie Nord, l’anno scorso, ha deciso di destinare a Tino un container dove ripararsi ma, la compagnia sostiene che lui abbia rifiutato l’offerta. Diversa però la versione di Tino. “Non mi hanno mai dato le chiavi”, ribatte l’edicolante. “Qui non è venuto nessun incaricato a dirmi di entrare e io non vado in casa di altri se non sono invitato”.

Un altro inverno è alle porte, il quarto all’aperto per Tino. I lavori di rifacimento della stazione dovrebbero andare avanti fino alla prossima primavera, ma non c’è nessuna garanzia per il futuro del chiosco. Anzi, Ferrovie Nord fa sapere che “una volta ultimati i lavori della stazione, si valuterà se eventuali spazi non necessari all’esercizio dell’attività ferroviaria potranno essere destinati ad attività commerciali”. Ma al momento, dicono, “non è possibile stabilirlo”.





Redazione Papaboys (Fonte www.huffingtonpost.it)

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