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La prima meditazione di Papa Francesco e l’invito alla preghiera per i sacerdoti!

Oggi, per il Giubileo dei sacerdoti, Papa Francesco svolge tre meditazioni in tre Basiliche Papali: a San Giovanni in Laterano alle 10.00, a Santa Maria Maggiore alle 12.00 e a San Paolo Fuori le Mura alle 16.00.In un tweet ha invitato a seguire in diretta l’evento: “Preghiamo insieme per il Giubileo dei Sacerdoti dal 1° al 3 giugno”. Il Papa a San Giovanni in Laterano, ha presentato le sue meditazioni sul tema della misericordia con una introduzione.

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“Buongiorno cari sacerdoti! – ha esordito il Papa – Cominciamo questa giornata di ritiro spirituale. E anche credo che ci farà bene pregare gli uni per gli altri, ossia in comunione. Un ritiro, ma in comunione, tutti! Io ho scelto il tema della misericordia. Prima una piccola introduzione, per tutto il ritiro”.

“La misericordia, nel suo aspetto più femminile – ha detto – è il viscerale amore materno, che si commuove di fronte alla fragilità della sua creatura appena nata e la abbraccia, fornendo tutto quello che le manca perché possa vivere e crescere (rahamim); e, nel suo aspetto propriamente maschile, è la fedeltà forte del Padre che sempre sostiene, perdona e torna a rimettere in cammino i suoi figli. La misericordia è tanto il frutto di una “alleanza” – per questo si dice che Dio si ricorda del suo (patto di) misericordia (hesed) -, quanto un “atto” gratuito di benevolenza e bontà che sorge dalla nostra più profonda psicologia e si traduce in un’opera esterna (eleos, che diventa elemosina). Questa inclusività permette che sia sempre alla portata di tutti agire con misericordia, provare compassione per chi soffre, commuoversi per chi ha bisogno, indignarsi, il rivoltarsi delle viscere di fronte ad una patente ingiustizia e porsi immediatamente a fare qualcosa di concreto, con rispetto e tenerezza, per porre rimedio alla situazione. E, partendo da questo sentimento viscerale, è alla portata di tutti guardare a Dio dalla prospettiva di questo primo e ultimo attributo con il quale Gesù ha voluto rivelarlo per noi: il nome di Dio è Misericordia”.

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“Quando meditiamo sulla misericordia accade qualcosa di speciale. La dinamica degli Esercizi Spirituali si potenzia dall’interno. La misericordia fa vedere che le vie oggettive della mistica classica – purgativa, illuminativa e unitiva – non sono mai fasi successive, che si possano lasciare alle spalle. Abbiamo sempre bisogno di nuova conversione, di maggiore contemplazione e di un rinnovato amore. Queste tre fasi si mischiano e tornano. Niente unisce maggiormente con Dio che un atto di misericordia – e questa non è una esagerazione, eh! Niente unisce maggiormente con Dio che un atto di misericordia. –  sia che si tratti della misericordia con la quale il Signore ci perdona i nostri peccati, sia che si tratti della grazia che ci dà per praticare le opere di misericordia in suo nome. Niente illumina di più la fede che il purgare i nostri peccati, e niente vi è di più chiaro che Matteo 25 e quel «Beati i misericordiosi perché otterranno misericordia» (Mt 5,7) per comprendere qual è la volontà di Dio, la missione alla quale ci invia. Alla misericordia si può applicare quell’insegnamento di Gesù: «Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi»  (Mt 7,2). Permettetemi, ma io penso qui a quei confessori impazienti, che bastonano i penitenti, che li rimproverano… Ma così ti tratterà Dio, eh! Così! Almeno per questo, non fate queste cose…. La misericordia ci permette di passare dal sentirci oggetto di misericordia al desiderio di offrire misericordia. Possono convivere, in una sana tensione, il sentimento di vergogna per i propri peccati con il sentimento della dignità alla quale il Signore ci eleva. Possiamo passare senza preamboli dalla distanza alla festa, come nella parabola del figlio prodigo, e utilizzare come ricettacolo della misericordia il nostro stesso peccato. Ripeto questo, che è la chiave della prima mediazione: utilizzare come ricettacolo della misericordia il nostro stesso peccato. La misericordia ci spinge a passare dal personale al comunitario. Quando agiamo con misericordia, come nei miracoli della moltiplicazione dei pani, che nascono dalla compassione di Gesù per il suo popolo e per gli stranieri, i pani si moltiplicano nella misura in cui vengono condivisi”.

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Tre suggerimenti per questa giornata di ritiro
“La gioiosa e libera familiarità che si stabilisce a tutti i livelli tra coloro che si relazionano tra loro con il vincolo della misericordia – familiarità del Regno di Dio, così come Gesù lo descrive nelle sue parabole – mi porta a suggerirvi tre cose per la vostra preghiera personale di questo giorno. La prima ha a che vedere con due consigli pratici che dà sant’Ignazio, – mi scuso per la pubblicità di Famiglia – il quale dice: «Non è il molto sapere che riempie e soddisfa l’anima, ma il sentire e gustare le cose di Dio interiormente» (Esercizi Spirituali, 2). Sant’Ignazio aggiunge che lì dove uno trova quello che desidera e prova gusto, lì si fermi, si fermi in preghiera «senza avere l’ansia di passare ad altro, finché mi soddisfi» (ibid., 76). Così che, in queste meditazioni sulla misericordia, uno può iniziare da dove più gli piace e lì soffermarsi, dal momento che sicuramente un’opera di misericordia vi condurrà alle altre. Se iniziamo ringraziando il Signore, che in modo stupendo ci ha creati e in modo ancor più stupendo ci ha redenti, sicuramente questo ci condurrà a provare pena per i nostri peccati. Se cominciamo col provare compassione per i più poveri e lontani, sicuramente sentiremo anche noi la necessità di ricevere misericordia”.

“Il secondo suggerimento per pregare ha a che vedere con un nuovo modo di usare la parola misericordia. Come vi sarete resi conto, nel parlare di misericordia a me piace usare la forma verbale: “Bisogna dare misericordia (misericordiar in spagnolo – “misericordiare: dobbiamo forzare la lingua lì…)per ricevere misericordia, per “essere misericordiati” (ser misericordiados)”. “Ma, Padre, questo non è italiano!” – “Eh, si! Ma è la forma che io trovo per andare dentro: “misericordiar” per “essere misericordiato”. Il fatto che la misericordia mette in contatto una miseria umana con il cuore di Dio, fa in modo che l’azione nasca immediatamente. Non si può meditare sulla misericordia senza che tutto si metta in azione. Pertanto, nella preghiera, non fa bene intellettualizzare.  Non fa bene! Rapidamente, con l’aiuto della Grazia, il nostro dialogo con il Signore deve concretizzarsi su quale mio peccato richieda che si posi in me la Tua misericordia, Signore, dove sento più vergogna e più desidero riparare; e rapidamente dobbiamo parlare di quello che più ci commuove, di quei volti che ci portano a desiderare intensamente di darci da fare per rimediare alla loro fame e sete di Dio, di giustizia e di tenerezza. La misericordia la si contempla nell’azione. Ma un tipo di azione che è onninclusiva: la misericordia include tutto il nostro essere – viscere e spirito – e tutti gli esseri”.

“L’ultimo suggerimento per la giornata di oggi riguarda il frutto degli esercizi, vale a dire, la grazia che occorre chiedere e che è, direttamente, quella di diventare sacerdoti sempre più capaci di ricevere e dare misericordia. Una delle cose più belle che mi commuovono è la confessione di un sacerdote: è una cosa grande, bella, perché quest’uomo che si avvicina per confessare i propri peccati è lo stesso che poi dà l’orecchio al cuore di un’altra persona che viene a confessare i suoi. Possiamo centrarci sulla misericordia perché è la realtà essenziale, definitiva. Attraverso gli scalini della misericordia (cfr Enc. Laudato si’, 77) possiamo scendere fino al punto più basso della condizione umana – fragilità e peccato inclusi – e ascendere fino al più più alto della perfezione divina: «Siate misericordiosi (perfetti) come è misericordioso il Padre vostro». Però sempre per “raccogliere” solamente più misericordia. Da qui devono provenire frutti di conversione della nostra mentalità istituzionale: se le nostre strutture non si vivono e non si utilizzano per meglio ricevere la misericordia di Dio e per essere più misericordiosi con gli altri, possono trasformarsi in qualcosa di molto diverso e controproducente. Di questo in alcuni documenti della Chiesa e alcuni discorsi dei Papi si parla spesso: cioè della conversione istituzionale, la conversione pastorale”.

“Questo ritiro spirituale, pertanto, si incamminerà per il sentiero di questa “semplicità evangelica” che comprende e compie tutte le cose in chiave di misericordia. E di una misericordia dinamica, non come un sostantivo cosificato e definito, né come aggettivo che decora un po’ la vita, ma come verbo – operare misericordia e ricevere misericordia, “misericordiare” ed “essere misericordiato”. E questo che ci proietta verso l’azione nel cuore del mondo. E inoltre, come misericordia «sempre più grande», come una misericordia che cresce e aumenta, avanzando di bene in meglio e passando dal meno al più, poiché l’immagine che Gesù ci offre è quella del Padre sempre più grande – Deus semper maior –  e la cui misericordia infinita “cresce” – se si può dire così – e non ha né cima né fondo, perché proviene dalla sua sovrana libertà”.

“E adesso passiamo alla prima meditazione, quella che si fa in questa Basilica. Ho messo come titolo ‘Dalla distanza alla festa’. Se la misericordia del Vangelo è, come abbiamo detto, un eccesso di Dio, un inaudito straripamento, la prima cosa da fare è guardare dove il mondo di oggi, e ciascuna persona, ha più bisogno di un eccesso di amore così. Prima di tutto domandarci qual è il ricettacolo per una tale misericordia, qual è il terreno deserto e secco per un tale straripamento di acqua viva; quali sono le ferite per questo olio balsamico; quale è la condizione di orfano che necessita un tale prodigarsi in affetto e attenzioni; quale la distanza per una sete così grande di abbraccio e di incontro…”.

“La parabola che vi propongo per questa meditazione è quella del Padre misericordioso (cfr Lc 15,11-31). Ci poniamo nell’ambito del mistero del Padre. E mi viene dal cuore incominciare da quel momento in cui il figlio prodigo si trova in mezzo al porcile, in quell’inferno dell’egoismo che ha fatto tutto quello che voleva e, dove, invece di essere libero, si ritrova schiavo. Osserva i maiali che mangiano ghiande…, prova invidia e gli viene nostalgia. Nostalgia: parola chiave. Nostalgia del pane appena sfornato che i domestici a casa, a casa di suo padre, mangiano per colazione. La nostalgia è un sentimento potente. Ha a che fare con la misericordia perché ci allarga l’anima. Ci fa ricordare il bene primario – la patria da cui proveniamo – e risveglia in noi la speranza di ritornare. Il nostro salgos. In questo ampio orizzonte della nostalgia, questo giovane – dice il Vangelo – rientrò in sé stesso e si sentì miserabile. E ognuno di noi può cercare o lasciarsi portare a quel punto dove si sente più miserabile. Ognuno di noi ha il suo segreto di miseria dentro…Chiedere la grazia di trovarlo”.

“Senza soffermarci ora a descrivere la miseria del suo stato, passiamo a quell’altro momento in cui, dopo che suo Padre lo ha abbracciato e baciato con trasporto, egli si ritrova sporco, ma  vestito a festa: perché il padre non gli dice “Va’, fatti la doccia e poi torna”. No! Sporco e vestito a festa. Si pone l’anello al dito al pari di suo padre. Ha sandali nuovi ai piedi. Sta in mezzo alla festa, tra la gente. Qualcosa di simile a quando noi, se qualche volta ci è capitato, ci siamo confessati prima della Messa e immediatamente ci siamo trovati “rivestiti” e nel mezzo di una cerimonia. E’ uno stato di vergognata dignità”.
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IL VIDEO servizio a cura del CENTRO TELEVISIVO VATICANO
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di Francesco Rossi per la Redazione Papaboys (Fonte: Radio Vaticana)

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