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In Sud Africa la beatificazione di un martire laico. Santità in famiglia

(Jean Jules Chassem, Postulatore generale dei missionari del Sacro Cuore di Gesù) Un padre di famiglia ucciso in odio alla fede per non aver voluto aderire a un rito sciamanico: è il martire Benedict Samuel Tshimangadzo Daswa (1946-1990) che viene beatificato domenica 13 settembre a Thohoyandou, nella diocesi di Tzaneen in Sud Africa, dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, in rappresentanza di Papa Francesco.

Benedict Samuel Tshimangadzo Daswa

Primogenito di una famiglia di cinque figli, Benedict Samuel (Balaki) nasce nel villaggio sudafricano di Mbahé. Battezzato diciassettenne il 21 aprile 1963 dal missionario del Sacro Cuore Augustin O’Brien, riceve la cresima il successivo 21 luglio. Nel 1973 consegue il diploma di maestro elementare e viene assegnato alla scuola primaria di Ha-Dumasi. L’anno dopo sposa la luterana Shadi Eveline Monyai. Il 28 novembre 1978, viene celebrato il matrimonio civile e il 1° gennaio 1979 è nominato direttore della scuola primaria del villaggio di Nweli. Dopo la conversione della donna al cattolicesimo, il 9 agosto 1980, il matrimonio religioso viene celebrato dal missionario Patrick O’Connor, che diviene la guida spirituale della coppia. Dal matrimonio nascono otto figli. Il cammino spirituale dell’uomo è agevolato dall’incontro con questo missionario irlandese, che lo aiuta a progredire sulla via della fedeltà cristiana. Ma è soprattutto il matrimonio religioso a segnare l’inizio della presa di coscienza di una chiamata particolare alla santità.
Stimato educatore dei giovani, marito e padre esemplare, grazie al suo esempio tutti i membri della famiglia pregavano ogni giorno insieme e partecipavano regolarmente alla messa domenicale. Testimoniava la fede in Cristo anche nel suo villaggio e nella comunità parrocchiale impegnandosi come catechista, animatore liturgico, promotore di opere caritative, artefice della giustizia e della pace.
Il 25 gennaio 1990, a seguito di un violento nubifragio, un fulmine provocò l’incendio di molte capanne nel suo villaggio. La popolazione non lo considerò un semplice fenomeno naturale. Bisognava trovare un colpevole. Fu allora presa la decisione di consultare lo sciamano di un villaggio vicino per saperne di più. Per farlo ogni abitante doveva però sborsare una somma. Benedict non era presente quando fu presa la decisione. E quando arrivò, fece notare che i lampi e i fulmini erano fenomeni naturali. Ma la sua spiegazione non venne accettata e fu mantenuto quanto deciso in precedenza. Dunque per la gente era tutto chiaro: Benedict si rifiutava di pagare il contributo, obiettando che la sua fede cattolica non gli permetteva di prendere parte a quanto aveva a che fare con la stregoneria. Perciò alcuni uomini decisero di sbarazzarsene. Fu organizzata un’imboscata contro di lui e la sera del 2 febbraio 1990 venne crudelmente assassinato nel villaggio di Mbahé, vicino alla sua abitazione. Mentre i suoi carnefici lo massacravano, Benedict, in ginocchio, pregava. La messa esequiale si tenne otto giorni dopo alla presenza di circa seicento fedeli laici, nella chiesa parrocchiale di Nweli, concelebrata da numerosi sacerdoti con paramenti liturgici di color rosso. Erano infatti convinti che il servo di Dio fosse morto a causa della sua fede. E la sua fama di martire si diffuse rapidamente in tutta la regione. 

Redazione Papaboys (Fonte L’Osservatore romano, 13 settembre 2015)

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