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Il Prezioso Sangue ci fu donato fra i dolori più atroci. Ce ne freghiamo oppure ci facciamo salvare?

IL SANGUE DEL DOLORE

Il Prezioso Sangue ci fu donato fra i dolori più atroci. Il Profeta aveva chiamato Gesù: «L’Uomo dei dolori»; e non a torto fu scritto che ogni pagina del Vangelo è una pagina di sofferenze e di sangue. Gesù, piagato, coronato di spine, trafitto dai chiodi e dalla lancia, è l’espressione più alta del dolore. Chi può aver sofferto più di lui? Neppure un punto della sua carne rimase sano! Alcuni eretici affermarono che il supplizio di Gesù fu puramente simbolico, perché egli, come Dio, non poteva né soffrire né morire. Ma essi avevano dimenticato che Gesù non era solo Dio, ma anche Uomo e perciò il suo fu vero Sangue, lo spasimo ch’egli soffrì fu veramente acerbo e la sua morte fu reale come la morte di tutti gli uomini. La prova della sua umanità l’abbiamo nell’orto degli ulivi, quando la sua carne si ribella al dolore ed egli esclama: «Padre, se è possibile passi da me questo calice!». Nel meditare le sofferenze di Gesù non dobbiamo fermarci al dolore della carne; cerchiamo di penetrare nel suo Cuore martoriato, perché il dolore del suo Cuore è più atroce del dolore della carne: «La mia anima è triste fino alla morte!». E qual’è la causa maggiore di tanta tristezza? Certamente l’ingratitudine umana. Ma in modo particolare Gesù si rattrista per i peccati di quelle anime che sono più vicine a Lui e che dovrebbero amarlo e confortarlo invece di offenderlo. Consoliamo Gesù nei suoi dolori e non solamente a parole, ma col cuore, chiedendogli perdono delle nostre colpe e facendo il fermo proposito di mai più offenderlo.

ESEMPIO: Nel 1903 moriva a Lucca S. Gemma Galgani. Era innamoratissima del Prezioso Sangue ed il programma della sua vita fu: «Gesù, Gesù solo e questo crocifisso». Fin dai più teneri anni provò l’amaro calice della sofferenza, ma l’accettò sempre con eroica sottomissione alla volontà di Dio. Gesù le aveva detto: «Nella tua vita ti darò tante occasioni di guadagnare meriti per il cielo, se saprai sopportare la sofferenza». E tutta la vita di Gemma fu un calvario. Eppure ella chiamava i dolori più atroci «doni del Signore» e si offriva a lui come vittima di espiazione per i peccatori. Ai dolori che le mandava il Signore si aggiungevano le vessazioni di Satana e queste la facevano soffrire ancora di più. Così tutta la vita di Gemma fu rinuncia, preghiera, martirio, immolazione! Quest’anima privilegiata più volte fu confortata da estasi, nelle quali restava rapita contemplando Gesù crocifisso. Com’è bella la vita dei santi! La loro lettura ci entusiasma, ma il più delle volte il nostro è un fuoco di paglia e alla prima avversità sfuma il nostro fervore. Cerchiamo di imitarli nella fortezza e nella perseveranza, se vogliamo seguirli nella gloria.

PROPOSITO: Accetterò volentieri dalle mani di Dio ogni sofferenza, pensando che sono necessarie per ottenere il perdono dei peccati e meritare la salvezza.

GIACULATORIA: O Sangue Divino, infiammami d’amore per te e purifica col tuo fuoco l’anima mia.

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