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Il mutamento del virus in Gran Bretagna spaventa anche l’Italia. Nuovi casi della seconda ondata e rischi altissimi

Con 74 milioni di contagi sulle spalle, il coronavirus ha cambiato volto. Poco, per fortuna. Ma chi ne ha guardato i più minuti dettagli sa quanto una mutazione, per quanto piccola, possa cambiare le carte in tavola con la pandemia.

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Mentre la Gran Bretagna si allarma per l’emergere di una nuova variante di Sars-Cov-2, il gruppo di Ralph Baric all’università del North Carolina, uno dei più grandi esperti di coronavirus, ha spiegato perché la mutazione D614G che ha conquistato il mondo durante questa seconda ondata è riuscita a inserire una marcia tanto alta. Lo riporta La Repubblica nell’articolo di Elena Dusi.

vaccino coronavirus
vaccino coronavirus

È bastato che nel genoma di Sars-Cov-2 cambiasse uno dei 30mila nucleotidi, dei mattoni che lo compongono, perché nascesse la variante D614G. E perché, scrive Baric quasi contemporaneamente su Science e sul New England Journal of Medicine, il virus “identificato in febbraio in Europa meridionale si diffondesse rapidamente e diventasse prevalente nel mondo”. Per confermare quelle che potrebbero sembrare coincidenze – l’epidemia più severa in Italia in primavera, proprio nel luogo e nel momento in cui D614G è comparsa, e i numeri assai più grandi della seconda ondata rispetto alla prima – Baric ha preso un coronavirus, gli ha fatto acquisire la mutazione e ha misurato la sua capacità di replicazione con un esperimento in tre fasi.

In provetta, su vari tipi di cellule del tessuto respiratorio umano, il virus mutato si è replicato e ha raggiunto quantità fino a 8 volte superiori rispetto al virus originario, quello comparso a Wuhan. Anche quando il virus originario è stato messo a contatto con le cellule in quantità dieci volte superiore rispetto al virus mutato, quest’ultimo in pochi giorni ha preso il sopravvento, conquistando l’intera coltura.

Su criceti e topi usati come cavie, infine, la versione D614G è stata capace di diffondersi di più e prima nelle mucose del naso, il “ponte di lancio” preferito del coronavirus per contagiare gli altri. Rispetto al virus originario, D614G è capace di contagiare precocemente (appena due giorni dopo l’infezione, nelle cavie) e con dosi più basse.

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