bailey

Chi, in vita sua, ha praticato sport, sa che lo sport è fatica, sofferenza e non sempre gratificazione. Una sfida contro se stessi, con un traguardo da raggiungere, seguito da un altro e poi un altro ancora.

Una sfida che non ha fine e, a volte, sembra quasi non avere senso, eppure una sfida che dà la sensazione di armeggiare con la vita, piegarla alla propria volontà e non solo subirla.

Lo sport è una lezione che non tutti gli sportivi conoscono, però, perché il successo sportivo è anche e soprattutto figlio del talento, quell’imponderabile diversità di patrimonio genetico che fa nascere un uomo più veloce di un altro, o più bravo con un pallone, oppure in grado di saltare più in alto. Questo fa sì che si possano prendere scorciatoie, rinunciando alla correttezza che, in realtà, è il fondamento stesso della competizione sportiva: perché la competizione, nello sport, è prima di tutto contro se stessi.

Chi di certo non cerca scorciatoie è Bailey Matthews.

Bailey Matthews è un bambino inglese di 8 anni, viene da Worksop nel Nottinghamshire e vive accompagnato da un brutto scherzo che il destino ha fatto al suo fisico, facendolo nascere prematuro e affliggendolo con una semi paralisi cerebrale che lo costringe a un’andatura instabile, quasi impossibile da mantenere senza un deambulatore.

Eppure, come tanti suoi coetanei, Bailey, crescendo, si è appassionato allo sport, iniziando a correre, poi a nuotare e, infine, ad andare in bicicletta. Per lui, per assecondare la sua passione, i suoi genitori hanno procurato supporti per la corsa e una bici modificata per consentirgli di praticare il ciclismo. Lo hanno accompagnato nei suoi lunghi allenamenti, gli sono stati vicini e, quanto Bailey ha detto loro di voler fare la sua prima gara di triathlon, lo hanno iscritto.

E quello che ha fatto Bailey alla gara è una lezione di vita e di sport. 100 metri a nuoto, 4 km in bici e 1.300 metri di corsa. Bailey ha fatto tutto, spingendosi l’acqua alle spalle con tutta la forza consentita dalle sue non certo mastodontiche braccia, affrontando il muro dell’aria e i morsi ai polpacci che sono i compagni inseparabili di ogni ciclista e, infine, correndo l’ultima frazione di corsa, ruzzolando più volte e rialzandosi sempre, da solo. L’immagine di questo eroe che casca e si tira subito in piedi, a combattere, di nuovo pronto a partire verso il traguardo è lo sport.

Da mostrare a chi si permette di non allenare a dovere il talento sopraffino che il destino ha voluto donargli.