Italiae et Ecclesia

Ripartite dalla rivoluzione della tenerezza. Il compito che Francesco lascia alla Chiesa di Cesena

Siate tenaci nel testimoniare il Vangelo e camminate insieme, sostenuti dallo Spirito Santo. L’incoraggiamento di Francesco a sacerdoti, consacrati e laici dei Consigli pastorali, riuniti nella Cattedrale di Cesena, dove ad accoglierlo in Piazza San Giovanni erano tanti giovani, ragazzi, bambini emozionati d’incontrare il Papa.

“La Chiesa – ha detto Francesco nel suo discorso –  conta molto su di loro“, “consapevole delle loro grandi risorse, della loro attitudine al bene, al bello, alla libertà autentica e alla giustizia”. Per questo, ha osservato, la prossima Assemblea del Sinodo dei vescovi, li coinvolgerà direttamente:

“Hanno bisogno di essere aiutati a scoprire i doni di cui il Signore li ha dotati, incoraggiati a non temere dinanzi alla grandi sfide del momento presente”.

Quindi l’auspicio:

“Nel Vangelo e nella coerente testimonianza della Chiesa i giovani possono trovare quella prospettiva di vita che li aiuti a superare i condizionamenti di una cultura soggettivistica che esalta l’io fino a idolatrarlo (…) e li apra invece a propositi e progetti di solidarietà”.

Si è poi raccomandato il Papa di ripristinare il dialogo tra giovani e anziani, nipoti e nonni. Gli anziani – ha detto – vanno in pensione ma non la loro vocazione di dare a tutti noi specie ai giovani “la saggezza della vita”. “Questa è la ricetta rivoluzionaria di oggi”:

“Che i vecchi non entrino in quella strada di dire: “Ma, sono cose passate, tutto è arrugginito …”: no! Sogna! Sogna. E il sogno del vecchio farà che il giovane vada avanti, che si entusiasmi, che sia profeta. Ma sarà proprio il giovane a far sognare il vecchio e a prendere questi sogni”.

“Questo dialogo –  ha aggiunto il Papa – farà miracoli”, perché a un giovane “che non sa accarezzare un anziano, gli manca qualcosa” E, ad “un anziano “che non ha pazienza di ascoltare i giovani, gli manca qualcosa”.

“La principale missione dei discepoli di Cristo” – ha quindi ricordato il Papa – è  “annunciare e testimoniare con gioia il Vangelo”, “con unità di intenti” e “collaborazione tra le diverse realtà ecclesiali e i diversi soggetti pastorali, che trovano nel vescovo il sicuro punto di riferimento e di coesione”, “nella ricerca coraggiosa, davanti le sfide pastorali e sociali, di forme nuove di cooperazione e presenza ecclesiale sul territorio”, ponendo “l’amore in Cristo” “al di sopra di tutto, anche di legittime esigenze particolari”:

“…allora si diventa capaci di uscire da sé stessi, di decentrarsi a livello sia personale che di gruppo e, sempre in Cristo, andare incontro ai fratelli”.

Specie a “tanti uomini e donne che vivono ai margini della società: segnati dalla sofferenza, dal disagio, dall’abbandono e dalla povertà. Persone feritedalle dure prove della vita, che sono umiliate, che si trovano in carcere o in ospedale”:

“Accostando e curando con tenerezza queste piaghe, spesso non solo corporali ma anche spirituali, veniamo purificati e trasformati dalla misericordia di Dio”.

Consapevoli – ha detto Francesco –  che inoltrandoci “nel mare aperto delle povertà del nostro tempo”, “da soli non possiamo fare nulla”, senza l’aiuto del Signore. Da qui l’invito pressante a “riservare adeguato spazio alla preghiera e alla meditazione della Parola di Dio, “chiamati ad uscire dal proprio ‘orticello’ e andare verso le periferie esistenziali”, ma sempre uniti “al cuore di Cristo”, “contagiati dal suo sguardo”, “che posava con compassione, sulle persone”, “nelle strade di Galilea”:
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“Oggi si possono vedere tanti volti attraverso i mezzi di comunicazione, ma c’è il rischio di guardare sempre meno negli occhi degli altri. È guardando con rispetto e amore le persone che possiamo fare anche noi la rivoluzione della tenerezza”.

Quindi un incoraggiamento a lavorare “con le famiglie e per la famiglia”, “in questo tempo difficile”, sia per l’istituzione famiglia “cellula-base della società”, sia per “le famiglie concrete, che sopportano buona parte del peso della crisi socio-economica senza ricevere in cambio un adeguato sostegno”. E, questo pesa anche sul  “rapporto dei genitori con i figli”. Dobbiamo far sì – si è raccomandato Francesco – che “i genitori possano perdere tempo giocando con i loro figli”.

Un augurio speciale, infine, per i sacerdoti, a “riscoprire continuamente” “la gioia di essere preti”, portatori della sua Parola, del suo perdono, del suo amore, della sua grazia:

“È una chiamata che non finisce mai di stupirci, la chiamata del Signore!”.

Infine un richiamo a tutti i fedeli a superare le “incomprensioni” avendo il coraggio di parlane o tacendo e mai con le “chiacchere” che “distruggono una comunità”. Prima di lasciare la cattedrale, Francesco si è soffermato nella Cappella della Madonna del Popolo, dove ad attenderlo erano alcuni malati, e si è poi recato in Sagrestia, dove ha salutato gli ospiti della Casa Accoglienza e gli organizzatori della visita. Quindi ha raggiunto in auto l’eliporto, per raggiungere la città di Bologna.

di Roberta Gisotti per la Radio Vaticana

 

 

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