Categorie: Italiae et Ecclesia

L’altro viaggio di Papa Francesco

La commozione per la poesia insegnata dalla nonna. Il bacio alla fonte battesimale. La Messa e il pranzo con i parenti. Il suo «ritorno a casa», nella terra piemontese di cui si sente «nipote». Il Pontefice riscopre le sue origini

È la visita per onorare l’Ostensione della  Sindone e il bicentenario di san Giovanni Bosco. Sì. Ma quello che sta vivendo papa Francesco a Torino è anche un viaggio nel tempo, un ritorno alle radici sue e della sua famiglia.

I momenti in  cui sono emerse le sue origini piemontesi sono stati numerosi.

Eccoli.

La poesia insegnata dalla nonna

Il «tuffo nel passato» è iniziato durante l’omelia di ieri in piazza Vittorio Veneto: Jorge Mario Bergoglio ha vissuto attimi di commozione quando ha citato i versi di Nino Costa, nella poesia «Rassa nostrana» che gli aveva insegnato la nonna Rosa in dialetto.

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Razza Nostrana, di Nino Costa*Dritti e sinceri, sono veramente come assomigliano:
teste quadre, polso fermo e fegato sano.
Parlano poco, ma sanno cosa dicono
E anche se camminano adagio, vanno lontano.Fabbri, muratori, selciatori,
minatori e contadini, carradori e fabbri ferrai,
anche se a loro piace gargarizzare qualche bottiglia di vino,
non c’è nessuno che li superi nel lavoro.Tutto il Piemonte con la sua lingua fiera,
tutto il Piemonte che va a cercarsi il pane,
tiene alta la fronte e la bandiera
nelle battaglie del lavoro umano.Pianure dell’Argentina bionde di grano,
Fazende sperdute, immense del Brasile,
una musica monferrina sentite da lontano
o una canzone di montagna il ritornello ?Gente che non mercanteggia tempo e sudore:
– Razza nostrana libera e testarda –.Tutto il mondo conosce chi sono loro
E, quando passano, tutti li guardano.

Mia gente monferrina che parlando canta,
spumeggiante, frizzante, in ebollizione come il suo vino.
Razza nostrana libera e testarda,
il mondo intero li conosce bene.

Ma il più delle volte una stagione perduta
o una febbre o una disgrazia del loro mestiere
Li inchioda a una tomba nuda
Dispersa in un cimitero forestiero.

A volte ritornano e il denaro risparmiato col lavoro
permette l’acquisto di una piccola casa e di un pezzo di terra.

E, allora, allevano le loro figlie giudiziose
E figli in gamba, mica degli stupidi.

Gente che non mercanteggia tempo e sudore:
– Razza nostrana libera e testarda –
Tutto il mondo conosce chi sono loro
E, quando passano, tutti li guardano.

Mia gente monferrina che parlando canta,
spumeggiante, frizzante, in ebollizione come il suo vino.
Razza nostrana libera e testarda,
il mondo intero li conosce bene.

Razza nostrana libera e testarda,
il mondo intero li conosce bene.

Ecco la poesia in versione originale*, in piemontese:

Aj Piemunteis ch’a travajo fora d’Italia

Drit e sincer, cosa ch’a sun, a smijo:
teste quadre, puls ferm e fìdic san
a parlo poc ma a san cosa ch’a diso
bele ch’a marcio adasi, a van luntan. Sarajé, müradur e sternighin,
minör e campagnin, sarun e fré:
s’a-j pias gargarisé quaic buta ed vin,
j’é gnün ch’a-j bagna el nas per travajé. Gent ch’a mercanda nen temp e südur:
– rassa nostrana libera e testarda –
tüt el mund a cunoss ch’i ch’a sun lur
e, quand ch’a passo … tüt el mund a-j guarda: Biund canavesan cun j’öj colur del cel
robüst e fier parej d’ij so castej.
Muntagnard valdostan daj nerv d’assel,
mascc ed val Süsa dür cume ed martej.
Face dle Langhe, rubie d’alegrìa,
ferlingot desciulà d’ij pian versleis,
e bieleis trafigun pien d’energìa
che per cunossje a-i va set ani e un meis. Gent ed Cuni: passienta e un poc dasianta
ch’a l’ha le scarpe grosse e el servel fin,
e gent munfrina che, parland, a canta,
ch’a mussa, a fris, a böj … cume ij so vin. Tüt el Piemunt ch’a va serchesse el pan,
tüt el Piemunt cun sua parlada fiera
che ant le bataje del travaj üman
a ten auta la frunt … e la bandiera. O biunde ed gran, pianüre dl’Argentina
“fazende” del Brasil perse an campagna
i sente mai passé n’”aria” munfrina
o el riturnel ed na cansun ed muntagna? Mine dla Fransa, mine dl’Almagna
che el füm a sercia an gir parej ed na frangia,
vujaute i pöle dì s’as lo guadagna,
nost ovrié, cul toc ed pan ch’a mangia. Quaic volta a turno e ij sold vansà ed bun giüst
a-j rendo un ciabotin o un toc ed tera
e anlura a anlevo le sue fiëte ed süst
e ij fiolastrun ch’a l’han vinciü la guera.

Ma el pi dle volte na stagiun perdüa 
o na frev o un malör del so mesté 
a j’incioda ant na tumba patanüa 
spersa ant un camp-sant foresté.

* testi a cura di Redazione Papaboys
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Il «ritorno a casa», nella terra di cui si sente «nipote»

Oggi Francesco ha definito la sua visita a Torino un «ritorno a casa», come «faceva ogni volta che da Buenos Aires veniva in Italia». E la sua «casa» è nella «terra di cui si sente nipote», come ha detto ieri all’Angelus.

Il bacio alla fonte battesimale

Ieri papa Francesco si è recato nella chiesa di Santa Teresa, «dove si sono sposati i miei nonni paterni ed è stato battezzato mio papà Mario». Ha voluto andarci anche per rimarcare il valore del battesimo. E del suo battesimo. Oltre che per lanciare un nuovo messaggio in vista del Sinodo sulla famiglia di ottobre. A questo appuntamento ha dato «un grande valore», come ha riferito padre Ciro Benedettini, vicedirettore della Sala Stampa della Santa Sede. Lo stesso Benedettini ha spiegato che per questi motivi il Pontefice nella chiesa dei suoi avi «ha voluto baciare il fonte battesimale»; inoltre «ha pregato per tutte le famiglie e per il buon esito del Sinodo» sulla famiglia che si svolgerà a ottobre.

La toccata e fuga nella chiesa degli avi era prevista: in chiesa c’erano volantini con la foto del matrimonio dei nonni.

Pranzo e Messa con i parenti

Dopo lo storico appuntamento nel tempio valdese, il Pontefice ha voluto incontrare i suoi familiari: sei cugini con le proprie famiglie, una trentina di persone in tutto. Per loro il «parente famoso» ha celebrato la Messa nella cappella dell’arcivescovado e si è intrattenuto a pranzo con tutto il gruppo.

Di Domenico Agasso jr. per Vatican Insider (La Stampa)
Link all’articolo orginale

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