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Il Papa all’udienza generale: la Chiesa è una dovunque nel mondo, no ai tentativi di “privatizzarla”

Udienza generale di Papa FrancescoCITTA’ DEL VATICANO – Dovunque andiamo nel mondo c’è una Chiesa sola per tutti. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco all’udienza generale in Piazza San Pietro, gremita di fedeli come di consueto ogni mercoledì mattina. Il Papa ha messo in guardia dal rischio di “privatizzare” la Chiesa per il proprio gruppo. “La Chiesa – ha detto salutando i pellegrini di lingua araba – non significa uniformità, ma la comunione nell’amore e nella testimonianza a Cristo”. Quindi, ha ribadito che le chiacchiere fanno tanto male alla Chiesa e la feriscono.  Bandiere di ogni nazione, persone dai tratti somatici più diversi, lingue di Paesi lontani che riecheggiano nella grande Piazza San Pietro. E’ l’immagine consueta del mercoledì all’udienza generale, ma questa volta assume un significato particolare perché Papa Francesco, rivolgendosi alle migliaia di pellegrini giunti a Roma per ascoltarlo, parla proprio di questo: una Chiesa sparsa in tutto il mondo, con 3 mila diocesi, che però è una, sempre la stessa per tutti. Come può avvenire questo, si chiede il Papa? E subito sottolinea che questa unità si trova “nella fede, nella speranza, nella carità”, nei Sacramenti che “come pilastri” sorreggono “l’unico grande edificio della Chiesa”: “Dovunque andiamo, anche nella più piccola parrocchia, nell’angolo più sperduto di questa terra, c’è l’unica Chiesa; noi siamo a casa, siamo in famiglia, siamo tra fratelli e sorelle. E questo è un grande dono di Dio! La Chiesa è una sola per tutti. Non c’è una Chiesa per gli Europei, una per gli Africani, una per gli Americani, una per gli Asiatici, una per chi vive in Oceania, no è la stessa ovunque”.

E’, ha detto, come in una famiglia: “si può essere lontani, sparsi per il mondo, ma i legami profondi che uniscono tutti i membri della famiglia rimangono saldi qualunque sia la distanza”. E cita l’esempio della Gmg di Rio, i giovani di tutto il mondo sulla spiaggia di Copacabana, dove “c’era una profonda unità, si formava un’unica Chiesa, si era uniti e lo si sentiva”: “Chiediamoci tutti: io come cattolico sento questa unità? Io come cattolico vivo questa unità della Chiesa? Oppure non mi interessa, perché sono chiuso nel mio piccolo gruppo o in me stesso? Sono di quelli che ‘privatizzano’ la Chiesa per il proprio gruppo, la propria Nazione, i propri amici? E’ triste trovare una Chiesa privatizzata per questo egoismo e questa mancanza di fede, eh? E’ triste!”.

“Quando sento che tanti cristiani nel mondo soffrono – ha chiesto ancora – sono indifferente o è come se soffrisse uno di famiglia?”. E ancora: sono toccato nel cuore quando sento che “tanti cristiani sono perseguitati e anche danno la vita per la loro fede?”. “Vi faccio una domanda, ma non rispondete a voce alta, soltanto nel cuore. Quanti di voi pregate per i cristiani che sono perseguitati? Quanti? Ognuno si risponda nel cuore. ‘Io prego per quel fratello, per quella sorella, che è in difficoltà, per confessare e difendere la sua fede?’ E’ importante guardare fuori dal proprio recinto, sentirsi Chiesa, unica famiglia di Dio!”

Ha cosi rivolto il pensiero alle ferite che noi stessi arrechiamo a questa unità. “A volte – ha riconosciuto – sorgono incomprensioni, conflitti, tensioni, divisioni che la feriscono e allora la Chiesa non ha il volto che vorremmo”. E, ha proseguito, “se guardiamo alle divisioni che ancora ci sono tra i cristiani” sentiamo “la fatica di rendere pienamente visibile questa unità”: “Dio ci dona l’unità, ma noi spesso facciamo fatica a viverla. Occorre cercare, costruire la comunione, educarci alla comunione, a superare incomprensioni e divisioni, incominciando dalla famiglia, dalle realtà ecclesiali, nel dialogo ecumenico pure. Il nostro mondo ha bisogno di unità. E’ un’epoca in cui noi tutti abbiamo bisogno di unità, abbiamo bisogno di riconciliazione, di comunione e la Chiesa è Casa di comunione”.

Il Papa ha, così, indicato quali sono le strade della Chiesa per “conservare l’unità”: “umiltà, dolcezza e magnanimità”:
“La ricchezza di ciò che ci unisce! Eh, quella è una vera ricchezza: ciò che ci unisce, non ciò che ci divide. Quella è la ricchezza della Chiesa. Ognuno si chieda oggi: io faccio crescere l’unità in famiglia, in parrocchia, in comunità, o sono un chiacchierone, una chiacchierona, sono motivo di divisione, di disagio?”. Alla Chiesa, ha aggiunto, fanno male le chiacchiere. Fanno male “alla Chiesa, alle parrocchie, alle comunità”: “Le chiacchiere feriscono. Un cristiano, prima di chiacchierare deve mordersi la lingua! Sì o no? Eh, mordersi la lingua! Quello ci farà bene, perché la lingua si gonfia e non può parlare e non può chiacchierare. Ho l’umiltà di ricucire con pazienza, con sacrificio, le ferite alla comunione?”.

Il Papa ha quindi concluso la sua catechesi sottolineando che è lo Spirito Santo il motore dell’unità della Chiesa”. Lo Spirito Santo, ha aggiunto, “è armonia, sempre fa l’armonia nella Chiesa: è un’unità armonica in tanta diversità di culture, di lingue e di pensiero”:
“E’ lo Spirito Santo il motore. Per questo è importante la preghiera, che è l’anima del nostro impegno di uomini e donne di comunione, di unità. La preghiera allo Spirito Santo, perché venga e faccia l’unità nella Chiesa”. Tanti, come sempre, i gruppi da tutto il mondo presenti in Piazza San Pietro. Tra questi anche una delegazione di dieci imam francesi che hanno salutato brevemente il Papa alla fine dell’udienza generale.

Il servizio è di Alessandro Gisotti per la Radio Vaticana

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