Algeria: a vent’anni dal massacro riapre il monastero di Tibhirine

L’arcivescovo algerino Paul Desfarges ha annunciato, in un’intervista alla CNN araba che il monastero di Tibhirine, dove nel 1996 furono uccisi sette monaci trappisti, riaprirà in questo mese di aprile. L’Algeria, che fu evangelizzata nei primi secoli del cristianesimo, a causa delle circostanze storiche, oggi ha una popolazione a larga maggioranza musulmana.

Il monastero di Tibhirine, noto con il nome di Notre Dame L’Atlas, è stato fondato nel 1938 e divenne un’abbazia nel 1947. Le frange islamiste chiesero agli stranieri di lasciare il paese nel dicembre 1993 ma i monaci scelsero di rimanere, anche dopo aver subito le minacce dei fondamentalisti.

Nella notte tra il 26 e il 27 marzo 1996, un commando armato di una ventina di uomini irruppe nel monastero. Sette religiosi furono sequestrati e poi assassinati, due si salvarono, perché non furono trovati.

Nell’aprile 1996, il capo dei Gruppi Islamici Armati (GIA), Djamel Zitouni, rivendicò in un comunicato l’atto criminale. Il mese successivo, un secondo comunicato dei GIA annunciava: “Abbiamo tagliato la gola ai monaci”. Era il 21 maggio 1996. Nove giorni dopo furono trovati i loro corpi. Si ritiene che sia stato proprio il GIA a effettuare il sequestro e, successivamente, a decapitare i monaci, tuttavia l’ipotesi non è mai stata confermata con certezza.

Gli aggressori chiesero poi a Parigi la liberazione di vari terroristi, in cambio della libertà dei monaci, senza tuttavia ottenere alcun accordo. Anche papa Giovanni Paolo II invocò la loro liberazione, prima del loro assassinio. Il 30 maggio furono trovate le loro teste mozzate nei pressi di Medea.

Fra Jean Pierre Schumacher fu uno dei due monaci che si salvò dal massacro ed è noto che, da allora, non ha mai smesso di pregare per conversione dei musulmani estremisti. Il dramma vissuto dai monaci trappisti è poi diventato un film diretto da Xavier Beauvois e intitolato Uomini di Dio.

Nel 1998, due anni dopo la strage, quattro trappisti si offrirono di tornare in Algeria ed aprire il monastero, situato a qualche centinaio di chilometri da Algeri, tuttavia il ministro degli Interni algerino lo impedì per ragioni di sicurezza.

I nomi dei monaci francesi uccisi erano Christian, Célestin, Bruno, Christophe, Paul, Luc e Michel. Tutti loro davano testimonianza della loro fede in Cristo e dimostravano che era possibile una convivenza tra cristiani e musulmani e tra persone di diverse etnie.


Redazione Papaboys (Font it.zenit.org)

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