In tarda mattinata si è svolto nella Sala Stampa vaticana il briefing sull’ultima giornata di lavori al Sinodo sulla famiglia. Presenti col direttore, padre Federico Lombardi, il cardinale Raymundo Damasceno Assis, arcivescovo di Aparecida e vice presidente dell’Assemblea sinodale; il cardinale Schönborn, arcivescovo di Vienna; e fratel Hervé Janson, priore generale dei Piccoli Fratelli di Gesù, l’unico non-sacerdote membro effettivo del Sinodo con diritto di voto.
Nel pomeriggio – ha detto padre Lombardi – si è riunita la Commissione dei Dieci incaricata della redazione della Relazione finale; ha valutato e studiato le 248 osservazioni giunte in seguito alla lettura e al dibattito sul progetto di relazione finale; ha lavorato intensamente e questa mattina noi abbiamo avuto in Aula un testo definitivo in cui sono state integrate – con l’accordo della Commissione – diverse di queste proposte ulteriori che sono emerse nella giornata di ieri. Hanno fatto un lavoro e chi lo vede – onestamente, e voi lo vedrete questa sera, perché lo pubblicheremo, credo – è un lavoro assolutamente incredibile rispetto a quello che era l’Instrumentum Laboris e il lavoro svolto, con la sua complessità, in queste settimane: è venuto fuori un ampio documento di 94 punti che saranno votati questo pomeriggio, uno per uno, dalla assemblea. E questa mattina è stato letto integralmente ed era necessario perché ne esiste solo il definitivo in italiano e la lettura permetteva anche di avere l’interpretazione nelle diverse lingue, fatta da persone affidabili che hanno lavorato in un modo incredibile questa mattina, e quindi i padri hanno potuto sentire anche con traduzione simultanea tutto il testo e rendersene conto. La Segreteria generale del Sinodo ha anche chiesto se qualcuno avesse bisogno di ulteriore aiuto per comprendere bene il testo, dubbi su qualcosa: sarebbero stati a disposizione quelli della Segreteria, gli esperti, in questo periodo, cioè da qui a oggi pomeriggio, in modo che i padri possano votare con conoscenza di causa il testo. Questa è la situazione. Hanno letto in italiano, anzitutto il cardinale Damasceno, poi il cardinale Erdö e infine mons. Forte, quindi tre persone che hanno letto tutto il testo delle tre parti, successivamente. Alla fine, il cardinale Erdö ha fatto un brevissimo intervento, ma molto importante, dicendo con visibile soddisfazione, che tutto il testo era stato approvato all’unanimità dalla Commissione: quindi, la Commissione ha presentato il testo come un lavoro su cui tutti i membri erano d’accordo, senza riserve. Questo è un messaggio piuttosto significativo, direi.
In fine riunione – ha proseguito padre Lombardi – è stato annunciato che era stata fatta la revisione, le modifiche richieste o aggiunte richieste alla Dichiarazione del Sinodo dei vescovi sulla situazione in Medio Oriente, Africa e Ucraina, quindi il messaggio, che è stato pubblicato.
Il cardinale Damasceno Assis: il Sinodo si è svolto in un clima molto fraterno: questa è una realtà. Come voi sapete, il Sinodo è sempre un’espressione della Chiesa, un modo di collaborare tra i vescovi con il Successore di Pietro, quindi con il Papa, con il governo della Chiesa. Quindi è un momento importante, di interesse per tutta la Chiesa ed è quello che è successo anche con questo Sinodo sulla famiglia. La famiglia, la sua vocazione e la sua missione nella Chiesa e nella società contemporanea. Quello che mi ha sorpreso di più in questo Sinodo è la metodologia che è stata adottata per svolgere il nostro lavoro, che è stata un po’ diversa rispetto a quella adottata nei Sinodi precedenti. E’ stata data molta importanza ai circoli minori, al lavoro di questi piccoli gruppi. Erano, come voi sapete, 13 gruppi linguistici quindi, e gli interventi durante quasi due settimane sono stati ininterrotti. Questo ha permesso una più ampia partecipazione da parte di tutti e uno scambio reale tra i padri sinodali. E la metodologia ci ha permesso anche di affrontare singolarmente ogni parte del documento, le tre parti del documento. Abbiamo innanzitutto studiato le sfide che devono affrontare oggi le famiglie e in seguito abbiamo parlato della vocazione della famiglia e per ultimo della missione della famiglia nel mondo di oggi. Questo – ripeto – è stato molto importante: i vari interventi sono stati molti interessanti; è stata data molta importanza al lavoro dei gruppi e questo ha permesso ai vescovi, ai padri sinodali di vedere una maggiore partecipazione da parte di tutti. E il fatto di avere lavorato per tema: anche questo è stato molto interessante, molto importante. Si è lavorato in modo più ordinato: abbiamo dovuto lavorare innanzitutto su ognuna delle parti e questo lavoro è stato fatto anche a livello dei gruppi, quindi seguendo le varie tematiche. Anche gli interventi nelle assemblee plenarie hanno seguito questa metodologia e in questo modo i padri sinodali potevano intervenire liberamente ma seguendo questa metodologia, questo ordine degli argomenti. Questo ha permesso un’ampia partecipazione da parte di tutti, perché nei gruppi il clima è stato – come vi dicevo – un clima di grande libertà: tutti hanno potuto prendere la parola, hanno potuto esprimere le proprie opinioni. E il Papa stesso l’ha detto: è necessario ascoltare, ascoltare con umiltà. Ma è anche importante poter dialogare per capire, per conoscere le esperienze, le opinioni dei vari padri sinodali e di tutti coloro che partecipano a questo lavoro. Quindi, tutti hanno avuto la possibilità di esprimersi liberamente: i delegati e tutti. Attraverso questo dialogo, attraverso questo ascolto abbiamo cercato di trovare un modo per arrivare a delle conclusioni dentro questo spirito di comunione che deve chiudere questo Sinodo. Il Sinodo non è un parlamento, come ha detto il Santo Padre stesso; non si tratta di essere vincitori o meno. Si tratta di cercare di capire quello che Dio vuole per la famiglia nel mondo di oggi; si tratta di ascoltarci gli uni gli altri, con apertura allo Spirito Santo, e cercare il miglior modo per assistere, per accompagnare queste famiglie, per aiutarle ad accettare queste sfide, ed è questo il lavoro che noi consegneremo al Santo Padre. Noi oggi pomeriggio dobbiamo votare su questo documento, sui vari punti del documento, e in seguito questo documento – vi dicevo – sarà consegnato al Santo Padre: il lavoro dei vescovi di questa XIV assemblea ordinaria dei vescovi. Ed è così che si arriva alla conclusione di questo lungo cammino, di questo lungo processo. Un Sinodo su un argomento molto particolare, che si è tenuto in due momenti: il Sinodo straordinario dell’anno scorso e il Sinodo ordinario di quest’anno, che conclude questo lungo percorso.
Il cardinale Schönborn: la nuova metodologia è stata certamente il grande guadagno di questo Sinodo e se ci sentiamo bene, alla fine di questo Sinodo, è dovuto in gran parte alla nuova metodologia, perché permette a tutti di esprimersi con calma, sufficientemente e questo è un successo. Penso che nei 50 anni del Sinodo sia un vero progresso. Anche il fatto che Papa Francesco ha voluto un cammino sinodale in due tappe, o forse più tappe, perché c’è la grande consulta del popolo di Dio che ha preceduto l’ultimo Sinodo dell’ottobre scorso. E poi la riunione dei cardinali, il concistoro, il primo Sinodo, il secondo Sinodo … e tutta una biblioteca di libri è stata pubblicata in questi due anni sul tema del matrimonio e della famiglia. Ma qual è il messaggio di questo Sinodo? Io già vedo che certi giornalisti diranno: “Qual è il messaggio? E’ un po’ il comune denominatore più basso? Avete fatto compromessi per arrivare probabilmente a voti positivi?”. Io penso che il messaggio principale di questo Sinodo sia il tema del Sinodo: che la Chiesa cattolica in tutto il mondo, con un miliardo e 200 milioni di cattolici hanno discusso per due anni il tema del matrimonio e della famiglia, con tutti gli aspetti positivi, difficili … Già questo è un fatto notevole per il nostro tempo, perché è, questo, il nucleo del messaggio: un grande sì alla famiglia. L’esito di questo Sinodo è per me un grande sì alla famiglia; che la famiglia non è superata, non è un modello antico, ma è un modello fondamentale della società umana. E sempre mi riferisco a un autore completamente laico, si diceva lui stesso ateo, sociologo, giornalista, editore della Frankfurter Allgemeine Zeitung, morto l’anno scorso di cancro, che ha pubblicato alcuni anni fa un libro, un bestseller in Germania: “Minimum”; l’ha chiamato “Minimum”. In questo libro, cinicamente libero di ogni traccia religiosa, ma è un sì formidabile alla famiglia, dicendo che non c’è rete più sicura in tempi difficili, che la famiglia. Anche la famiglia ferita, anche la famiglia ricomposta, anche la “patchwork family”. E questo l’ho detto parecchie volte, posso testimoniare della mia propria esperienza familiare: la famiglia è la rete più sicura di sopravvivenza in una società – e lo vediamo in Austria con le migliaia e migliaia di profughi che arrivano: tutti hanno il loro legame familiare grazie al cellulare, eccetera. Terzo e ultimo punto, l’esperienza di questo Sinodo per me ha confermato ciò che il Papa ha detto sabato scorso sulla sinodalità: la sinodalità, questa grande conferenza che ci ha regalato sul grande tema della sinodalità a tutti i livelli. E abbiamo fatto l’esperienza, e questo si riflette nel documento. E’ un documento di consenso. Questo vuol dire, lo dico apertamente: non troverete molto sull’omossessualità, in questo documento. Certi saranno delusi. Ma abbiamo constatato due cose. Prima: che il tema dell’omosessualità è toccato in questo documento sotto l’aspetto della famiglia nella quale facciamo anche l’esperienza di un fratello, di una sorella, di uno zio, di una persona nella famiglia che è omosessuale. Come gestire questa situazione? Da cristiani. Questo è ciò che è rimasto del tema dell’omosessualità. Potete immaginare le aree culturali e politiche, nelle quali il tema è troppo delicato. Non vuol dire che nelle aree come l’Europa e in America del Nord questo tema non sia un tema per la Chiesa; ma a livello di una sinodalità universale, si deve rispettare la diversità delle situazioni politiche e culturali. E l’ultimo, in questa diversità e unità nella sinodalità, anche la questione che ha tanto interessato la stampa ma anche tanta gente da noi: la situazione dei divorziati risposati. Se ne parla, se ne parla con grande attenzione ma la parola chiave è la parola “discernimento”. E invito voi tutti a pensare che non c’è un bianco o nero, un semplice “sì” o “no”: è da discernere. E questa è proprio la parola del Santo Papa Giovanni Paolo nella “Familiaris Consortio” nel 1984, quando dice: è obbligo, per amore della verità, che i pastori esercitino il discernimento perché le situazioni sono diverse e l’esigenza di questo discernimento di Papa Francesco, buon gesuita, formato agli Esercizi di Sant’Ignazio, ha imparato da giovane questo “discernimento”: cercare di capire quale sia la situazione di tale coppia, di tale persona.
Fratel Hervé: vorrei dire che in queste tre settimane ho avuto veramente un’esperienza molto arricchente in questo cammino che noi abbiamo fatto, non soltanto nelle congregazioni generali, ma soprattutto anche nei circoli minori. Noi abbiamo potuto lavorare, confrontarci, scambiare punti di vista – spesso non è stato facile, ma c’è sempre stato un dialogo libero, franco, molto interessante. Quello che mi ha colpito molto sin dall’inizio è stato il fatto che si sia detto: nessuno è escluso. C’è stato questo senso dell’accoglienza della Chiesa: nessuno è escluso e questa è stata una grande notizia. E l’altra grande notizia è stato dire che le famiglie sono non solo oggetto, ma anche soggetto della pastorale e quindi è stata loro data una grande responsabilità di portare l’amore di Dio dove vivono: nelle famiglie, nella società … E poi, un altro aspetto che mi ha anche moltissimo interessato e anche toccato molto, e cioè: molti padri sinodali avevano proprio nel cuore il desiderio di posare lo sguardo di Cristo su queste situazioni, e l’ho ritrovato moltissimo in quello che hanno detto i miei colleghi. Si è posta l’enfasi sulla famiglia e credo che, indipendentemente dal tipo di famiglia, dalla maniera in cui queste famiglie vivono, fondamentalmente hanno sempre un contributo da dare e sono un bene per la Chiesa. Anche se non sono pienamente in accordo con quelle che sono le regole, le norme della Chiesa hanno comunque qualcosa che è un bene per la Chiesa e quindi la Chiesa le deve accogliere con comprensione: questo veramente mi è sembrato un punto molto importante da sottolineare. Quindi, questa misericordia della Chiesa è stata ripetuta varie volte, è nel documento finale e quindi lo vedrete quando poi leggerete il documento. Questo veramente è una cosa che mi è sembrata molto forte. Volevo anche ricollegarmi a quello che ha detto il cardinale Schönborn sulla sinodalità: perché come ha detto molto bene il Papa durante la cerimonia per il cinquantesimo del Sinodo, il Papa ha messo l’enfasi proprio sul fatto che la Chiesa – l’ha detto molto chiaramente: Sinodo e Chiesa sono in fondo la stessa cosa, bisogna camminare insieme, non solo i vescovi ma tutto il popolo di Dio; e questa immagine della piramide rovesciata: Dio è la base, i ministri sono a servizio del popolo di Dio e il Papa, ovviamente, è il vertice, la punta ultima e quindi tutti devono ascoltare gli uni gli altri. Penso che ci sia stato veramente questo spirito che ha aleggiato nel Sinodo. Si può sempre dire: saremmo voluti andare oltre, andare più lontano, però bisogna tenere conto della diversità delle situazioni, dei diversi continenti e ho potuto toccarlo con mano perché appunto nel mio circolo minore c’erano otto rappresentanti africani e quindi è stato molto interessante potere ascoltare questa esperienza. Ecco, la difficoltà, il paradosso è che bisogna trovare l’equilibrio tra l’universale e la diversità. E nel testo, nel documento finale che voteremo nel pomeriggio io sono molto lieto del fatto che vi siano proprio queste porte aperte: la responsabilità dei vescovi nel discernimento, che è messo in luce benissimo. Questo lo trovo molto importante. Sicuramente è un ottimo documento e sarà molto incoraggiante per tutti noi.
Rispondendo ad una domanda se la decentralizzazione della Chiesa voluta dal Papa possa mettere a rischio la cattolicità, il cardinale Schönborn ha risposto negativamente in quanto non si parla di Chiese nazionali sul modello anglicano, ma di equilibrio tra centro e periferie. Il cardinale Damasceno Assis ha ricordato che decentralizzazione vuol dire solo che le Conferenze episcopali hanno specifiche competenze.
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va)