Pax et Justitia

Zeynab Jalalian sia scarcerata ora! Sosteniamo l’appello di Amnesty International

Zeynab Jalalian, una storia di libertà negata

Zeynab Jalalian, curda iraniana, sta scontando l’ergastolo nella prigione di Yazd, nell’omonima provincia. È stata arrestata nel marzo 2008 per le sue attività a sostegno della lotta curda per l’autodeterminazione e per la sua affiliazione all’ala politica del Partito per la vita libera del Kurdistan (Pjak), un’organizzazione armata.

È stata tenuta in isolamento per otto mesi, senza accesso a un avvocato. Durante questo periodo, i funzionari dell’intelligence l’hanno sottoposta a torture e maltrattamenti, tra cui frustate sulle piante dei piedi e colpi allo stomaco; l’hanno colpita alla testa, l’hanno minacciata di stupro e le hanno sbattuto la testa contro un muro, una volta in modo così forte da provocarle una frattura al cranio con conseguente emorragia interna e danni alla vista.

Nel dicembre 2008 è comparsa davanti alla prima sezione del Tribunale rivoluzionario della provincia di Kermanshah, che l’ha condannata a morte con l’accusa di “inimicizia contro Dio” (moharebeh),  costruita sul  suo legame  con  l’ala politica del Pjak.Il processo è stato gravemente iniquo: non solo è finito in pochi minuti, ma la condanna è arrivata sulla base di “confessioni” estorte dopo mesi di torture e senza uno straccio di prova che collegasse l’imputata ad azioni armate.

La sentenza, lunga meno di due pagine, ha dichiarato Zeynab Jalalian colpevole di “aver preso le armi contro lo Stato” sulla base di quella che sembra essere stata un’argomentazione speculativa secondo cui “forse è stata coinvolta in operazioni terroristiche e si astiene dal dire la verità.”

Il suo avvocato, che le era stato concesso di nominare solo poche settimane prima del processo, non ha potuto difenderla poiché non era stato informato della data dell’udienza. La condanna a morte è stata confermata in appello nel maggio 2009. Tuttavia, nel dicembre 2011, è stata commutata in ergastolo a seguito di un provvedimento di clemenza della Guida suprema.

Ma la strada per la giustizia è ancora tutta da percorrere.

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