Venerdì 6 novembre – Aprimi gli occhi

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «C’era un uomo ricco che aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: Che è questo che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non puoi più essere amministratore. L’amministratore disse tra sé: Che farò ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ho forza, mendicare, mi vergogno. So io che cosa fare perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua. Chiamò uno per uno i debitori del padrone e disse al primo: Tu quanto devi al mio padrone? Quello rispose: Cento barili d’olio. Gli disse: Prendi la tua ricevuta, siediti e scrivi subito cinquanta. Poi disse a un altro: Tu quanto devi? Rispose: Cento misure di grano. Gli disse: Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta. Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce». Luca 16,1-8.

Ho sperperato i tuoi doni.
Erano tuoi.
Me li avevi affidati.
E io non ho saputo e, a volte, non ho voluto custodirli.
Ma io voglio te.
Sempre.
Sempre.
E allora voglio imparare a recuperare all’ultimo minuto.
Voglio imparare a mettere l’orgoglio sotto i piedi e a fare di tutto per non perderti.
Non mi piace la scaltrezza ma non voglio perdere il paradiso, non voglio perdere te.
Imparerò ad amare di più, a custodire di più.
Imparerò a non rubare.
Non voglio perderti.

Sono disonesta a volte.
Sperpero quello che mi hai affidato.
Per la mia disonestà stavo per perdere tutto.
Con la mia disonestà ora cerco di recuperare qualcosa.
Tu non lasciarmi mai.
È il tuo sguardo su di me che mi fa bella.
Io rimango quella che sono.
Non voglio perderti.
Voglio una casa.
E la voglio con te.

Sarà pure disonesto quell’amministratore ma conosce sé stesso.
Sa di vergognarsi.
Sa di non avere le forze.
Sa dare un nome a quello che è.
E così si salva.
Io sono disonesta e in più a volte ho paura di chiamare con il loro nome i miei difetti.
Sono più in pericolo io di lui.
Non lasciarmi mai.
Aprimi gli occhi.

Di Don Mauro Leonardi


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