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La storia del piccolo Filippo, malato di leucemia: quando dalle lacrime può nascere la gioia

L’ultimo anno di vita di Filippo iniziò che lui aveva passato da poco i fatidici 100 giorni dal suo terzo trapianto di midollo osseo, i giorni nei quali il nuovo sistema immunitario avrebbe potuto aggredire il suo corpo fino quasi a spazzarlo via come normalmente avrebbe fatto con un virus. Filippo, però non ebbe reazioni particolari e quei 12 mesi che seguirono furono certamente i più belli della nostra vita.

Dopo circa 9 mesi dall’inizio di quell’anno e trascorsi poco più di 2 mesi dal suo ottavo compleanno, i medici ci dissero che non c’era più niente da fare, anche l’ultima battaglia contro la sua leucemia era persa. Da quel momento il tempo di nostro figlio divenne contato: poteva sembrare che Filippo fosse destinato a non avere più un domani.

Gli ultimi 3 mesi della sua vita furono un dono, anche se il suo sangue progressivamente divenne incapace di coagulare, anche se la sua pelle fu trapassata da tanti aghi, per i prelievi di controllo e per le trasfusioni. Lui però era lì, con noi, ancora. I primi tempi di quegli ultimi 3 mesi, prima che ne iniziasse il declino, il suo corpo raggiunse forse il culmine della sua bellezza.

Erano le 10:05 di giovedì 20 novembre, quando Filippo esalò il suo ultimo respiro. Anna era seduta sul suo letto, io ero in ginocchio accanto a lui e gli tenevo le mani; erano con noi in casa anche la mamma di Anna, l’infermiera che ci aveva amorevolmente assistito in quegli ultimi 3 mesi e una nostra cara amica, madre di uno dei due grandi amici di Filippo.

Quel giorno la nostra casa si riempì di gente: vicini di casa, conoscenti, amici, parenti, sacerdoti. Persone che avevano lasciato il lavoro a metà giornata, persone venute da ogni dove per salutare Filippo. Bussarono alla nostra porta fino alle dieci di sera. Tutti lì, per noi, per Filippo. Ci furono abbracci e pianti, mentre il tavolo del salone si riempiva di dolci, di tanti dolci buonissimi.

A Francesco e Giovanni, fratellini di Filippo, non abbiamo nascosto nulla. Sono stati accanto al loro fratello maggiore fino alla fine, e anche dopo, in quelle ore che seguirono, andarono spesso a baciarlo. Piangemmo insieme.

Il giorno successivo, venerdì, nel primo pomeriggio, eravamo in chiesa: il corpo di Filippo, nella sua nuova casa, era lì al centro, sotto l’altare e intorno a lui, vicino a me e Anna, c’erano centinaia e centinaia di persone. La chiesa era in festa, i sacerdoti avevano i paramenti della festa, ci furono canti e musica. Molte lacrime vennero sparse ma i sorrisi non mancarono. E alla fine, tanti palloncini volarono in cielo.



Eravamo in chiesa, quel pomeriggio, per festeggiare una pasqua, per ricordare la comunione che c’è tra chi se ne è andato e chi vive pregando per lui. Abbiamo fatto festa perché per noi non era vero che Filippo non avesse più un domani, perché sapevamo per certo che la sua anima avrebbe continuato ad esistere per l’eternità, sapevamo che quando lo raggiungeremo, lui sarà lì per accoglierci e consolarci.

A due anni di distanza abbiamo ripercorso quei giorni grazie alle parole di Silvana De Mari, medico e scrittrice fantasy, e alla storia di Pauline, protagonista di Tutti i bambini tranne uno, di Philippe Forest.

Di questo e di altro parleremo insieme a lei, con l’aiuto di Massimiliano Coccia, giornalista, domenica 27 novembre 2016, ore 16:30, presso la Parrocchia San Giovanni Battista De Rossi di Roma.



Redazione Papaboys (Fonte it.zenit.org/Stefano Bataloni – piovonomiracoli)

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