Terra fuochi & camorra, il business ora è la bonifica

Il fuoco fa comodo. Soluzione pratica e veloce per metter paura, per distruggere prove, per togliere di mezzo rifiuti (tossici e non) e, mettendo tutto insieme, per mandare messaggi. Così, per leggere il disegno attuale della camorra a sud di Caserta e nord di Napoli, bisogna mettere i pezzi uno accanto all’altro (come li stanno sistemando gli investigatori) e gli incendi. Cominciando dall’ultimo, quello della Cleprin, azienda etica di Sessa Aurunca, targata “Nuova cooperazione organizzata” e anticamorra. Nessun dubbio, incendio doloso. E vedendo le poche riprese delle telecamere di sorveglianza, le fiamme nascono da due esplosioni nel deposito di cartoni e plastiche.

Danni da brivido: due milioni di euro. Ma il brivido è durato poco, tutti sono qui a rimettere a posto, tutti i dipendenti, le loro famiglie ed “anche persone che non conosco e sono venute ad aiutarci”, spiega Antonio Picascia, titolare della Cleprin: “È cambiato il vento, ora sono i buoni che gestiranno questo territorio”. 

Ma ai burattinai della camorra questa nuova gestione non piace affatto. Da queste parti (oltre ai roghi tossici) vanno poi moltiplicandosi da un paio di mesi gli incendi delle cosiddette “aree vaste”, cioè le zone nelle quali la situazione è compromessa dalla contemporanea presenza di siti gravemente inquinati. 

Uno di questi è Giugliano, dov’è c’è (anche) la “Resit”, ex discarica dove seppellirono – per esempio – i fanghi tossici dell’Acna di Cengio e dove il terreno fuma senza bruciare. Il 25 giugno scorso proprio qui c’è stato un primo incendio, che ha mandato in cenere la documentazione certificante la provenienza dei rifiuti smaltiti, compresi quelli pericolosi: era custodita in una palazzina per conto della Corte d’Assise di Napoli (dove si svolgono i processi contro l’ex proprietario della Resit, l’avvocato Cipriano Chianese). Poi, tre giorni fa ancora un incendio…

Legambiente sintetizza: “Troppe coincidenze, le fiamme di ecomafia bruciano nella Terra dei fuochi. La bonifica richiama affari e soldi”. Altre coincidenze. Sempre da un paio di mesi la Campania ha anche un nuovo governatore, che fra le prime dichiarazioni aveva annunciato di voler risolvere la questione legata ai cinque milioni di ecoballe stoccati in ventidue siti dal 2000 al 2009 (che adesso costano sedici milioni d’euro l’anno solo per la gestione). Sarebbe a dire movimentare un mare di soldi, specie a sommarli col business che innescherebbero le bonifiche. E la camorra non può certo restare a guardare, specie a casa sua e specie avendo qui alcuni referenti politici…

Di Pino Ciociola per Avvenire

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