Categorie: Italiae et Ecclesia

Preghiamo davanti la tomba di San Francesco

Quanto vi è di affascinante e di straordinario per le strade, le case e le chiese di Assisi sembra risolversi, attraverso il gioco delle vie tortuose e delle lunghe scale con grazia toccante, verso le viscere della roccia viva ove, ragione di ogni altra meraviglia, in questa cripta severa e disadorna, riposa colui “che fu tutto serafico ardore”.

Tuttavia san Francesco è qui più vivo che mai, poiché a lui salgono da ogni angolo della terra milioni di pellegrini di ogni razza e continente. La luce che parte dalla sua Tomba benedetta è un continuo richiamo agli uomini smarriti per le vie del mondo alla ricerca di un po’ di pace. Sembra di vederla ancora la tormentata immagine del Santo di Assisi adergersi in un nimbo di luce, tendere al mondo le mani stigmatizzate e ripetere a tutte le creature il suo saluto serafico di “Il Signore ti dia pace”!


San Bonaventura lo chiamava il banditore di pace perché annunciava pace in ogni predica, auspicava pace in ogni saluto, sospirava l’ineffabile pace dell’estasi negli istanti di contemplazione. Ben possiamo dirlo ora cittadino di quella Gerusalemme, per la quale il Salmista, uomo della pace, pacifico dinanzi a coloro che la pace odiarono, cantava: “Chiedete pace per Gerusalemme” (san Bonaventura). Qui, nel rozzo sarcofago di sasso, contenuto nel pilastro eretto al centro del vano a crociera, è il Sacro Corpo del Poverello. In quel punto lo nascose, integro, frate Elia, nel 1230, rendendolo inaccessibile a qualunque possibile violazione. Nel 1818, dopo 52 notti di lavoro, i frati del Sacro Convento, autorizzati da Pio VII, giungevano col piccone a rimettere in luce il prezioso Tesoro che fu racchiuso in un’urna di bronzo sigillata della Santa Sede.




Nel 1820 fu aperta la vasta cripta, scavata nella viva pietra; nel 1932, su disegno dell’Arch. Ugo Tarchi, venne realizzata l’attuale sistemazione, in luogo di quella neoclassica dell’800. Nelle nicchie – agli angoli del vano – sono state sistemate le tombe di quattro discepoli del Santo: Leone, Masseo, Rufino e Angelo, originariamente sepolti nella Chiesa inferiore. Nel punto di congiunzione delle due scale che conducono alla cripta, sono i resti della Nobil Donna romana Jacopa de’ Sottesoli, devota benefattrice del Santo, il quale era solito chimarla frate Jacopa.
Il 24 gennaio 1978, per disposizione di Paolo VI, si procedette ad una nuova ricognizione del corpo di san Francesco che, oltre a confermare i dati precedenti, permise anche un migliore intervento conservativo delle spoglie, sistemate in una piccola scatola di plexiglass, chiusa nella precedente cassa bronzea del 1820, a sua volta deposta nell’originale urna di pietra.
Davanti alla Tomba del Santo arde la lampada votiva anch’essa progettata da Ugo Tarchi che viene alimentata dall’olio donato ogni anno da una diversa regione italiana per la festa annuale del 4 ottobre e che reca inciso il verso dantesco: “Non è che di suo lume un raggio”.
Il recente restauro, portato ottimamente a termine nel 2011, figura come il primo restauro della Cripta di san Francesco dopo la ricostruzione del Tarchi.



Redazione Papaboys (Fonte www.sanfrancescoassisi.org)

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