Per andare avanti. Intervista al Patriarca ecumenico Bartolomeo

Nel 1964 è iniziato un cammino «che ormai non si può più fermare»: ancora non siamo giunti «al traguardo dell’unità dei cristiani», ma da quel momento «abbiamo imparato a perdonarci gli uni gli altri per gli errori e la diffidenza del passato, e abbiamo compiuto passi importanti verso il riavvicinamento e la riconciliazione». Ora «è venuto il momento di andare avanti — afferma Bartolomeo, Patriarca ecumenico di Costantinopoli, — e con Papa Francesco faremo proprio un bel passo in avanti». Una convinzione questa che il Patriarca ha nutrito sin da quando incontrò il Pontefice in occasione delle celebrazioni per l’inizio del ministero petrino. Per questo propose di rievocare insieme il cinquantesimo anniversario dello «storico abbraccio di Gerusalemme». Dei frutti che egli attende da questo incontro Bartolomeo parla nell’intervista rilasciata alall’Osservatore Romano alla vigilia della partenza per la Terra Santa.

Papa Francesco sulle orme di Paolo VI cinquant’anni dopo. In questo periodo si è passati dal “dialogo dell’amore” al “dialogo della verità”. E ora come potrà proseguire il cammino in vista del traguardo finale?

Non c’è alcun dubbio che lo storico incontro tra i nostri venerabili predecessori, il Patriarca ecumenico Atenagora e Papa Paolo VI — che la Chiesa cattolica romana beatificherà tra breve — ha segnato un nuovo inizio nelle relazioni tra il cattolicesimo romano e l’ortodossia. È bene ricordare che quell’incontro seguiva a un intero millennio di diffidenza reciproca e di estraniazione teologica tra le nostre due grandi tradizioni. Malgrado la nostra storia comune di Scrittura e Tradizione, le nostre due Chiese rischiavano dunque di essere danneggiate dall’isolamento e dall’autosufficienza, avendo seguito cammini differenti sin dall’XI secolo. L’incontro a Gerusalemme, il 5 gennaio 1964, fu un punto di partenza straordinario per il lungo cammino di riconciliazione e di dialogo, che le generazioni successive furono chiamate a proseguire. Guardando indietro agli ultimi cinquant’anni, possiamo essere grati a Dio per quanto è stato realizzato sia nel “dialogo d’amore” sia nel “dialogo di verità”. Lo spirito di amore fraterno e di rispetto reciproco ha preso il posto delle vecchie polemiche e del sospetto.

C’è tanta attesa per questo incontro. In molti nutrono concrete speranze per un decisivo passo in avanti che porti a superare gli ostacoli che ancora si frappongono all’unità tra i cristiani. Quali sono le sue attese e le sue speranze?

Oggi, ancor più che cinquant’anni fa, c’è un bisogno urgente di riconciliazione, e questo rende il nostro prossimo incontro con Papa Francesco a Gerusalemme un evento dal grande significato. Naturalmente si tratta — come dobbiamo umilmente capire e ammettere — solo di un primo passo per andare incontro al mondo, quale affermazione del nostro desiderio di aumentare gli sforzi a favore della riconciliazione cristiana e pacifica. Ciò nondimeno dimostrerà la nostra disponibilità e responsabilità comune nel progredire sul cammino preparato dai nostri predecessori. Quindi, come leader ecclesiastici e spirituali, ci incontreremo per rivolgere un appello e un invito a tutte le persone, a prescindere dalla loro fede e virtù, per un dialogo che in fondo è volto alla conoscenza della verità di Cristo e ad assaporare la gioia immensa che accompagna l’incontro con lui. Tuttavia, in ultima analisi, ciò è possibile solo colmando la separazione interiore degli uni dagli altri e attraverso l’unità di tutta la gente in Cristo, che è la vera pienezza dell’amore e della gioia. Di Mari Ponzi fonte: Osservatore Romano

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