Sancta Sedes

Papa Francesco in Colombia: ‘la riconciliazione non è astratta, è di tutti!’

Non è una “parola astratta”, fatta di “sterilità” e “distanza”, ma una porta aperta “a tutte e ciascuna delle persone” che hanno vissuto la “drammatica realtà” degli oltre 50 anni di conflitto. È la riconciliazione, nelle parole del Papa alla Santa Messa di Villavicencio, alle porte dell’Amazzonia.

Nella memoria liturgica della natività della Beata Vergine Maria, Francesco sceglie di dedicare il tema della tappa nel cuore della Colombia orientale alla riconciliazione “in Dio, con i colombiani e con il Creato”, con il rito di Beatificazione di Jesús Emilio Jaramillo Monsalve, vescovo di Arauca, ucciso in odio alla fede nel 1989 dai guerriglieri dell’Eln, e padre Pedro María Ramírez Ramos, assassinato nel 1948 nelle violenze tra liberali e conservatori.
Nel percorso di ricostruzione della pace, evidenzia il Papa accolto ancora una volta da un bagno di folla al terreno Catama, con balli, canti e colori dei 112 popoli indigeni locali, quando le vittime “vincono la comprensibile tentazione della vendetta”, diventano protagonisti “più credibili” dei processi di riconciliazione. È necessario, sottolinea, che “alcuni abbiano il coraggio di fare il primo passo”, senza aspettare che lo facciano gli altri. “Basta una persona buona perché ci sia speranza”: e ognuno di noi – assicura – “può essere questa persona”. Ciò non significa disconoscere o dissimulare le differenze e i conflitti, né, spiega il Pontefice, “legittimare le ingiustizie personali o strutturali” o, ancora, adattarsi a “situazioni di ingiustizia”. È, sulla scia di San Giovanni Paolo II, “una convivenza fondata sul rispetto di ogni individuo e dei valori propri di ogni società civile”. La riconciliazione, pertanto, “si concretizza e si consolida” con il contributo di tutti: ogni sforzo di pace senza un impegno sincero di riconciliazione sarà, rimarca Francesco, “sempre un fallimento”.
In un “ambiente meraviglioso” come quello di Villavicencio, “tocca a noi dire sì alla riconciliazione”, anche alla “nostra natura”. Su di essa, nota il Papa, “abbiamo scatenato le nostre passioni possessive, la nostra ansia di dominio”, tanto che la violenza che c’è nel cuore umano, “ferito dal peccato”, si manifesta anche nella malattia del suolo, dell’acqua, dell’aria e degli esseri viventi. Come Maria, la cui festività della nascita “proietta sui di noi la sua luce”, tocca a noi dire “sì” e cantare le “meraviglie del Signore”. Nell’odierno Vengelo di Matteo, spiega il Papa, si narra la genealogia di Gesù che ci dice come si sia “piccola parte di una grande storia”, aiutandoci a “non pretendere protagonismi eccessivi”, “a sfuggire alla tentazione di spiritualismi evasivi”, “a non astrarci dalle coordinate storiche concrete che ci tocca vivere”. Il Papa torna così a riflettere sulla figura femminile, come nel suo discorso al consiglio direttivo del Celam. La menzione delle donne – nessuna delle quali fa parte “della gerarchia delle grandi donne dell’Antico Testamento” – spiega come siano esse a “ricordare storie di emarginazione e sottomissione”. E nota come in comunità dove “tuttora trasciniamo atteggiamenti patriarcali e maschilisti”, è “bene annunciare che il Vangelo comincia evidenziando donne che hanno tracciato una tendenza e hanno fatto storia”.
Esposte le reliquie e concluso il rito di Beatificazione, com’è tradizione, le due immagini del vescovo di Arauca e del martire di Armero vengono svelate ai fedeli. Francesco ricorda che Gesù è con noi “tutti i giorni fino alla fine dei tempi”. Tale promessa, mette in luce il Papa, si realizza anche in Colombia attraverso questi due martiri che sono “espressione di un popolo che vuole uscire dal pantano della violenza e del rancore”.




È un popolo che può “raccontare esperienze di esilio e di desolazione”, con donne andate avanti “da sole” e “in silenzio” e uomini “per bene” che hanno cercato di “mettere da parte astio e rancore volendo coniugare giustizia e bontà”. La via per far sì che “entri la luce” sulle strade di riconciliazione, afferma il Papa, è proprio dire “sì” alla verità, alla bontà, alla storia completa, “non a una parte”, mettere da parte passioni e orgoglio, farci carico di questa storia, riempiendo della luce del Vangelo “le nostre storie di peccato, violenza e scontro”.
Al termine della cerimonia, il saluto del Papa ad un gruppo di sopravvissuti alla disastrosa alluvione di aprile a Mocoa, nella parte sud occidentale della Colombia.
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Fonte it.radiovaticana.va

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