La perseveranza: è costruire ogni giorno il bene. Perseverare è rimanere costanti nel bene, soprattutto quando la realtà attorno spinge a fare altro.
Lo ricorda Papa Francesco nell’Angelus di questa domenica in piazza San Pietro, davanti ad una folla di fedeli intensa, nella giornata mondiale dei poveri.
Cari fratelli e sorelle, buongiorno, buona domenica!
Il Vangelo odierno ci porta a Gerusalemme, nel luogo più sacro: il tempio. Lì, attorno a Gesù, alcune persone parlano della magnificenza di quel grandioso edificio, «ornato di belle pietre» . Ma il Signore afferma: «Di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Poi rincara la dose, spiegando come nella storia quasi tutto crolla: ci saranno, dice, rivoluzioni e guerre, terremoti e carestie, pestilenze e persecuzioni. Come a dire: non bisogna riporre troppa fiducia nelle realtà terrene, che passano. Sono parole sagge, che però possono darci un po’ di amarezza: già tante cose vanno male, perché anche il Signore fa discorsi così negativi?
In realtà il suo intento è un altro, è quello di donarci un insegnamento prezioso, cioè la via di uscita da tutta questa precarietà. E qual è la via d’uscita?
Essa sta in una parola che forse ci sorprende. Cristo la svela nell’ultima frase del Vangelo odierno, quando dice: «Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita». La perseveranza.
Che cos’è? La parola indica l’essere “molto severi”; ma severi in che senso? Con sé stessi, ritenendosi non all’altezza? No. Con gli altri, diventando rigidi e inflessibili? Nemmeno. Gesù chiede di essere “severi”, ligi, persistenti in ciò che a Lui sta a cuore, in ciò che conta. Perché, quel che davvero conta, molte volte non coincide con ciò che attira il nostro interesse: spesso, come quella gente al tempio, diamo priorità alle opere delle nostre mani, ai nostri successi, alle nostre tradizioni religiose e civili, ai nostri simboli sacri e sociali.
Sono cose importanti, ma passano. Invece Gesù dice di concentrarsi su ciò che resta, per evitare di dedicare la vita a costruire qualcosa che poi sarà distrutto, come quel tempio, e dimenticarsi di edificare ciò che non crolla, di edificare sulla sua parola, sull’amore, sul bene.
Ecco allora che cos’è la perseveranza: è costruire ogni giorno il bene. Perseverare è rimanere costanti nel bene, soprattutto quando la realtà attorno spinge a fare altro. Facciamo qualche esempio: so che pregare è importante, ma anch’io, come tutti, ho sempre molto da fare, e allora rimando.
Oppure, vedo tanti furbi che approfittano delle situazioni, che “dribblano” le regole, e smetto pure io di osservarle, di perseverare nella giustizia e nella legalità. (…) Ancora: faccio un servizio nella Chiesa, per la comunità, per i poveri, ma vedo che tanta gente nel tempo libero pensa solo a divertirsi, e allora mi vien voglia di lasciar stare e di fare come loro.
Perseverare, invece, è restare nel bene. Chiediamoci: come va la mia perseveranza? Sono costante oppure vivo la fede, la giustizia e la carità a seconda dei momenti: se mi va prego, se mi conviene sono corretto, disponibile e servizievole, mentre, se sono insoddisfatto, se nessuno mi ringrazia, smetto?
Insomma, la mia preghiera e il mio servizio dipendono dalle circostanze o da un cuore saldo nel Signore?
Se perseveriamo – ci ricorda Gesù – non abbiamo nulla da temere, anche nelle vicende tristi e brutte della vita, nemmeno del male che vediamo attorno a noi, perché rimaniamo fondati nel bene. Dostoevskij scrisse: «Non abbiate paura dei peccati degli uomini, amate l’uomo anche col suo peccato, perché questo riflesso dell’amore divino è il culmine dell’amore sulla terra» (I fratelli Karamazov, II,6,3g). La perseveranza è il riflesso nel mondo dell’amore di Dio, perché l’amore di Dio è fedele, è perseverante, non cambia mai.
La Madonna, serva del Signore perseverante nella preghiera (cfr At 1,12), rafforzi la nostra costanza.
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