Debora Donnini-Città del Vaticano
La Lituania 75 anni fa assisteva alla distruzione del Ghetto di Vilnius, con cui culminava l’annientamento di migliaia di ebrei. Lo ricorda Papa Francesco all’Angelus recitato subito dopo la Messa nel Parco Santakos, a Kaunas:
Facciamo memoria di quei tempi, e chiediamo al Signore che ci faccia dono del discernimento per scoprire in tempo qualsiasi nuovo germe di quell’atteggiamento pernicioso, di qualsiasi aria che atrofizza il cuore delle generazioni che non l’hanno sperimentato e che potrebbero correre dietro quei canti di sirena.
E un pensiero alla comunità ebraica, il Papa lo rivolge anche dopo la preghiera mariana, ricordando che nel pomeriggio pregherà proprio davanti al Monumento delle Vittime del Ghetto, a Vilnius.
Al centro della sua riflessione, la figura dell’empio, che vuole imporre un’ideologia e perseguita il giusto, anzi la sua sola presenza gli dà fastidio. Non gli basta “lasciarsi guidare dai suoi capricci” ma cerca di annientare il bene e “non vuole che gli altri, facendo il bene, mettano in risalto questo suo modo di fare”. Un atteggiamento che consiste nell’ansia di primeggiare, come quando un popolo si crede superiore, “con più diritti acquisiti” e maggiori privilegi.
Il rimedio che Gesù propone quando appare tale pulsione nel cuore e nella “mentalità di una società”, è quello di farsi ultimo:
Stare là dove nessuno vuole andare, dove non arriva nulla, nella periferia più distante; e servire, creando spazi di incontro con gli ultimi, con gli scartati. Se il potere si decidesse per questo, se permettessimo al Vangelo di Cristo di giungere nel profondo della nostra vita, allora la globalizzazione della solidarietà sarebbe davvero una realtà.
Francesco fa poi riferimento alla collina delle croci in Lituania dove migliaia di persone, lungo i secoli, hanno piantato il segno della croce:
Vi invito, mentre preghiamo l’Angelus, a chiedere a Maria che ci aiuti a piantare la croce del nostro servizio, della nostra dedizione lì dove hanno bisogno di noi, sulla collina dove abitano gli ultimi, dove si richiede la delicata attenzione agli esclusi, alle minoranze, per allontanare dai nostri ambienti e dalle nostre culture la possibilità di annientare l’altro, di emarginare, di continuare a scartare chi ci dà fastidio e disturba le nostre comodità.
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