Mozart compose la Messa in Do minore tra il 1781 e il 1782, a Vienna, come voto per la guarigione della futura sposa Constanze, che si era ammalata. L’opera è rimasta incompiuta. Sulla scelta di inserire questo brano nella Messa della Notte di Natale, Sergio Centofanti ha intervistato il direttore della Cappella musicale pontificia “Sistina”, mons. Massimo Palombella
:D. – Qual è la particolarità dell’Et incarnatus est di Mozart? Cosa ha voluto esprimere Mozart?
R. – C’è tutta la vicenda di questa Messa, del matrimonio di Mozart, ma è interessante perché lo ha scritto in maniera così alta e profonda che non è riuscito più ad andare avanti. Allora, ha questa particolarità che il “Credo” si ferma con l’Et incarnatus est.
D. – Lo stesso Papa Francesco ha detto che l’Et incarnatus “è insuperabile, ti porta a Dio”…
R. – Infatti questo è anche il motivo per cui si è fatta questa scelta, quest’anno, di fare questa inserzione all’interno della celebrazione. E questo è il lavoro che il Concilio ci chiede: non ci chiede una visione chiusa o esclusiva della realtà; ci chiede una visione che includa la realtà, quindi include la tradizione ma dialoga con la modernità. Rifugiarsi in un sicuro passato o percorrere solo ed esclusivamente strade di sperimentazione, doverose ma sempre all’interno di un contesto ecclesiale. Quindi, il grande equilibrio che ci chiede il Concilio è proprio questo: il dialogo con la modernità, con le nostre radici.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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