Categorie: Italiae et Ecclesia

Moschee, tanti cantieri aperti ma solo 4 luoghi di preghiera ufficiali per un milione e 600 mila musulmani

I dati del dossier statistico Unar-Idos 2014. Il problema è l’assenza di una legge sulla libertà religiosa e la mancanza di un’intesa con il mondo islamico presente nel nostro Paese. Quindi una serie di difficoltà, a partire dall’apertura dei luoghi di culto. Il risultato? Il proliferare di sale di preghiera informali. L’ultimo censimento della polizia del 2010 dice: 164 moschee non ufficiali e 222 luoghi di culto.
ROMA – Un popolo di fedeli senza chiese. Sono i “musulmani d’Italia”: più di un milione e 600mila credenti, solo quattro moschee ufficiali. E in mezzo, tanti cantieri ancora aperti al centro delle polemiche. È la mappa delle moschee della discordia: tutto fermo, da Milano a Firenze, in attesa dei via libera.
Islam italiano. Quanti sono oggi i “musulmani d’Italia”? Grazie al dossier statistico Unar-Idos 2014 abbiamo il loro numero: 1 milione e 628mila, in costante aumento. In maggioranza originari dell’Africa (52,2%), poi Europa (32,6%) e Asia (15,2%). Il problema è l’assenza di una legge sulla libertà religiosa e la mancanza di un’intesa con l’islam. Da qui una serie di difficoltà, a partire proprio dall’apertura dei luoghi di culto. Il risultato? Il proliferare di sale di preghiera informali. Stando al censimento della Direzione della polizia di prevenzione del maggio 2010, in Italia ci sarebbero 164 moschee e 222 luoghi di culto. Ma si stratta di spazi improvvisati: capannoni industriali, palestre, negozi, garage.
Le moschee ufficiali.

Oggi in Italia esistono solo 4 moschee ufficiali, nel senso di costruzioni fatte ad hoc, complete di minareto: Ravenna, Roma, Colle Val D’Elsa, Segrate Milano. “Realizzate di recente sono quelle di Colle Val D’Elsa e Ravenna, entrambe “fatte a moschea” – spiega il presidente dell’Ucoii, (Unione delle comunità islamiche), Izzedin Elzir – mentre altre due da noi appena inaugurate, Lecce e Catania, sono solo spazi convertiti e riadattati”. Poi c’è la moschea di via Meda a Milano. “Anche questa è una struttura senza minareto – racconta Yahya Pallavicini, vicepresidente della Coreis (Comunità religiosa islamica) – ma ha un riconoscimento ufficiale, perché abbiamo chiesto l’autorizzazione come luogo di culto, che necessita un iter urbanistico specifico, mentre tutte le altre centinaia di sale di preghiera in Italia passano solo come centri culturali”.
Le moschee contese.
Quelle che fanno notizia sono le moschee della discordia: cantieri aperti o progetti sulla carta, avversati da comuni o partiti politici, Lega in testa. “I casi più discussi – prosegue Elzir – sono a Milano, Genova, Pisa, Città di Castello, Bologna, dove l’apertura è stata rimandata e Firenze, dove stiamo trattando ancora col comune”. Non solo. “Anche a Piacenza – aggiunge Pallavicini – c’è un caso assai controverso. La verità è che tutti i progetti, soprattutto nelle piccole province, sono conflittuali. La colpa? L’ingenuità di alcune comunità islamiche e soprattutto la ferma opposizione delle forze politiche di destra. Da qui il diffondersi di spazi irregolari, dove è meno garantita la sicurezza. Il problema è la mancanza di un interlocutore centrale dell’islam per trattare con lo Stato italiano. E così non si proibisce, ma nemmeno si autorizza ufficialmente, si chiude un occhio e ci si affida al fai da te”.
Ogni comunità fa da sé. Ogni comunità così si organizza come può. “È infatti in corso un tentativo di trovare luoghi più degni dove pregare – sostiene Pallavicini – i turchi, per esempio, sono tra i più organizzati, forti soprattutto a Reggio Emilia, Como e Imperia. A Brescia i pakistani hanno delle belle moschee. I marocchini stanno cercando di federarsi a livello nazionale anche sulle questioni religiose. I senegalesi, invece, pur essendo tra i musulmani più osservanti, paiono invisibili, chiusi a pregare nei loro appartamenti”.

“Più trasparenza, più sicurezza”. L’Ucoii sostiene che “una moschea ufficiale e riconoscibile è più sicura e trasparente di una informale. Impedirne l’apertura rischia di alimentare gli integralismi. Non è un caso – afferma Izzedin – se i jihadisti partiti dall’Italia per combattere a fianco dell’Isis, stando anche alle fonti di polizia, non avevano mai transitato dalle nostre moschee”. Quanto ai finanziamenti delle nuove costruzioni, “arrivano dai fedeli e dai Paesi stranieri, ma senza condizionamenti”.

Servizio di Vladimiro Polchi

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