Sancta Sedes

Meditazioni della Via Crucis al Colosseo: nella morte di Gesù, l’amore di Dio per l’umanità

Le meditazioni della Via Crucis del Venerdì Santo, che sarà presieduta dal Papa al Colosseo, non sono state scritte nelle 14 tradizionali stazioni. L’autrice, la biblista francese Anne-Marie Pelletier, le ha sviluppate tentando di spiegare l’estremo dell’amore di Dio che muore sulla Croce per sconfiggere il male e descrivendo i gesti di alcuni personaggi che figurano nella Passione. Nei temi affrontati risuonano le voci di Caterina da Siena e dell’ebrea Etty Hillesum, del teologo ortodosso Christos Yannaras e di Dietrich Bonhoeffer.

Scrive Anne-Marie Pelletier: “Il cammino di Gesù sulle strade polverose della Galilea e della Giudea, incontro ai corpi e ai cuori sofferenti (…) si ferma (…) sulla collina del Golgota”. Ed è qui che “l’amore di Dio riceve (…) la sua piena misura, senza misura” e noi “non abbiamo più parole (…) siamo disorientati, la nostra religiosità è oltrepassata dall’eccesso dei pensieri di Dio”. La chiave di lettura delle meditazioni della biblista francese per la Via Crucis al Colosseo è questa. Nei suoi testi ci sono profonde riflessioni teologiche, ma sotto la croce “si tratta del nostro mondo, con tutte le sue cadute e i suoi dolori, i suoi appelli e le sue rivolte, tutto ciò che grida verso Dio, oggi, dalle terre di miseria o di guerra, nelle famiglie lacerate, nelle prigioni, sulle imbarcazioni sovraccariche di migranti”.
Nella Passione di Cristo uomini, donne e bambini violentati, umiliati, torturati, assassinati
Le 14 stazioni non sono quelle tradizionali, ma descrivono momenti della Passione dove si ritrova la cattiveria del mondo, il male che “lascia senza voce”, gli uomini, le donne e i bambini violentati, umiliati, torturati, assassinati. Nello sconcerto di queste realtà c’è l’amore di Cristo verso la volontà del Padre e il suo desiderio di salvezza per tutti, c’è Dio che scende “nel profondo della nostra notte” umiliandosi per offrirci la sua misericordia. Ma c’è anche l’invocazione dei monaci uccisi a Tibhirine, che consapevoli della crudeltà umana, pregavano “Disarmali!” e “Disarmaci!”.
“Bisognava” che Cristo “entrasse in questa obbedienza e in questa impotenza”
Gesù muore sulla Croce e lascia sgomento e smarrimento, ma “era necessario che (…) Cristo portasse l’infinita tenerezza di Dio nel cuore del peccato del mondo”, perché “‘bisognava’ che (…) entrasse in questa obbedienza e in questa impotenza, per raggiungerci nell’impotenza in cui ci ha posti la nostra disobbedienza”.




La dolcezza di Dio, di Giuseppe di Arimatea e delle mirofore
Alla fine di tutto, con la morte di Gesù, resta sì il silenzio, ma si fa spazio la dolcezza della tenerezza e della compassione: è la “dolcezza di Dio e di coloro che gli appartengono”, di Giuseppe di Arimatea, che si prende cura del corpo di Gesù, e delle donne che Anne-Marie Pelletier descrive nell’ultima stazione, intente a preparare i profumi e gli aromi per rendere il loro ultimo omaggio. Ignare che, all’alba della domenica, avrebbero trovato la tomba vuota e che a loro sarebbe stato affidato l’annuncio della Resurrezione di Gesù.




Fonte it.radiovaticana.va/Tiziana Campisi

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