«Per me, è il testo più importante della storia umana. S’indirizza a tutti, credenti e non, e rimane dopo venti secoli, l’unica luce che brilla ancora nelle tenebre fatte di violenza, di paura, di solitudine in cui è stato gettato l’Occidente dal proprio orgoglio ed egoismo».
Con queste parole Gilbert Cesbron sintetizza le Beatitudini. Nel Vangelo di Matteo le Beatitudini non sono un discorso qualsiasi ma “il discorso dei discorsi”, il programma di vita che i discepoli di Gesù devono abbracciare e far diventare “luce del mondo e sale della terra”. Dalla cattedra della montagna Gesù non pronuncia delle semplici esortazioni o delle raccomandazioni; parla con autorità, legifera, detta un nuovo codice di vita, delle nuove regole di comportamento. Le beatitudini non sono facoltative, non riguardano un numero ristretto di persone: sono i nuovi comandamenti del cristiano. Infatti come Mosè è salito sul monte per ricevere da Dio le tavole della legge, così Gesù sale sul monte per consegnare la nuova alleanza ai suoi amici. Qual è la differenza fondamentale? Sostanzialmente un nuovo modo di concepire il rapporto con Dio. La legge antica ha un linguaggio giuridico, la seconda esperienziale; la prima sembra “calare dall’alto”, la seconda passa attraverso una “parola che si è fatta carne”. Mi spiego meglio. Gesù per primo è il “beato” proprio perché povero, mite, puro di cuore e così via; sembra dirci: “Io ho provato la strada della povertà e vi assicuro che è la via migliore, la strada di una nuova umanizzazione, un codice comportamentale che vi renderà veramente felici”. Gesù propone come modello non delle parole scritte su tavole di pietra, ma la sua stessa vita, la sua esperienza, i suoi sentimenti, il suo cuore. Le beatitudini non sono solo la “Magna carta” del cristiano, ma anche “luogo antropologico” che rivela all’uomo la sua vera identità. Vi è un luogo profondo nell’animo umano che rimane sconosciuto, quasi velato; le Beatitudini rivelano questo luogo, svelano all’uomo il senso della sua vera natura, fanno riemergere l’antica effige, la sua vera natura di figlio, la dignità dell’“imago Dei”. Sulla montagna delle beatitudini Gesù non ci parla di Dio ma dell’uomo, rivela la vera e autentica dignità della natura umana.
Redazione Papaboys (Fonte www.nondisolopane.it)
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