Categorie: Testimonium

Il Santo di oggi 24 Aprile: San Fedele da Sigmaringen, è stato un cappuccino e martire

Oggi la Chiesa ricorda San Fedele da Sigmaringen

San Fedele da Sigmaringen

Fedele da Sigmaringen, al secolo Markus Roy, è stato un missionario cappuccino tedesco attivo nelle zone protestanti dell’Europa centrale. Fu aggredito e ucciso durante una rivolta anti-austriaca in Svizzera: beatificato come martire nel 1729, fu proclamato santo da papa Benedetto XIV nel 1746.

Etimologia: Fedele = fidato, devoto, dal latino

Emblema: Palma

La vita

Nasce nel 1577 a Sigmaringen (Germania). Appartiene alla famiglia dei Reyd o Roy; suo padre era il borgomastro (sindaco) della città. Riconoscendo in lui il più dotato dei suoi figli, lo fece studiare volentieri.

Markus interrompe gli studi nel 1604, perché il conte di Statzingen gli affida alcuni giovani nobili (tra cui i suoi figli), perchè li educhi e li istruisca; con questo gruppetto inaugura un’originale scuola itinerante, girando l’Italia, la Spagna e la Francia.

Rientrato in patria sei anni dopo, riprende gli studi e in un anno si laurea in giurisprudenza. Inizia a fare l’avvocato, guadagnandosi ben presto il titolo di “avvocato dei poveri

”, perché ha preso l’abitudine di difendere gratuitamente i diseredati per far rispettare i loro diritti.

Proprio quando la sua popolarità è al culmine e la sua carriera va a gonfie vele, stupisce tutti chiedendo, a trentaquattro anni, di essere ordinato sacerdote.

Entra fra i cappuccini

Non solo: dopo l’ordinazione vuole entrare a Friburgo tra i Cappuccini, che godevano fama di Ordine severo in cui riviveva il primitivo spirito francescano. Qui gli assegnano il nuovo nome di Fedele. I Superiori non tardano ad accorgersi delle sue qualità: lo mandano per quattro anni a studiare teologia e lo vogliono Guardiano (superiore) di vari conventi.

Padre Fedele eccelle, però, in modo particolare nella predicazione, che ottiene frutti prodigiosi di conversioni e di riappacificazioni in un periodo particolarmente burrascoso sia per la vita civile che religiosa della Svizzera. La sua predicazione si caratterizza per discorsi semplici, incisivi e convincenti. Si fa comprendere da letterati e illetterati, dagli studiosi e dai contadini; conquista perché accompagnata da un inconfondibile stile di santità di vita.

Combatte l’eresia in Svizzera

In quegli anni la Svizzera vive il contrasto tra cattolici e calvinisti, che si trasforma in lotta politica contro l’imperatore d’Austria che sostiene i cattolici. Padre Fedele cerca di rasserenare l’ambiente ma non può fare a meno di combattere l’eresia e di invitare al ritorno alla fede dei padri; i calvinisti, da parte loro, lo sentono come il loro più acerrimo nemico, soprattutto da quando dopo la sua predicazione il conte di Salis si è convertito al cattolicesimo e il governatore dei Grigioni ha promulgato un editto a favore dei cattolici.

Padre Fedele sa di avere i giorni contati, lo scrive e ne parla apertamente, ma non si sogna di cambiare il suo stile di vita o di ammorbidire la sua predicazione. Fedele fino alla fine come il nome, e soprattutto la sua fede, gli impone.

Il martirio

Così il 24 aprile 1622 accetta l’invito dei calvinisti di andare a predicare a Seewis, sapendo i rischi cui va incontro. Una predica quasi ispirata, sconvolgente e incisiva, interrotta solo da qualche tafferuglio, in chiesa e sul sagrato.

Uscito di chiesa per sedare il tumulto, viene circondato da venticinque uomini armati, che lo colpiscono e lo finiscono lì, davanti alla chiesa, mentre egli confessa apertamente la sua fede e li invita alla conversione.

Gli riservano una fine atroce, sperando di tappargli definitivamente la bocca, ma il suo martirio per l’unità dei cattolici ottiene una più veloce rappacificazione dei contendenti e il ritorno alla fede di numerosi eretici.

Il culto

Padre Fedele da Sigmaringen è stato beatificato il 24 marzo 1729 da papa Benedetto XIII. Diventa il primo martire cappuccino. La sua memoria liturgica è fissata al giorno anniversario del suo martirio.

È stato canonizzato da papa Benedetto XIV il 29 giugno 1746.

Fonte santiebeati.it – Autore: Gianpiero Pettiti

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