Categorie: Humanitas et Web

Il racconto emozionante del gesuita rapito in Afghanistan: tra guerra e ospitalità!

“Al momento del mio rilascio, mi è stato detto che sarò ucciso se farò ritorno in Afghanistan. Per questa volta ti lasciamo andare” ha detto padre Alexis Premkumar Antonysamy ai giornalisti un giorno dopo il suo arrivo a casa, nello Stato indiano del Tamil Nadu. Il gesuita è stato in cattività per oltre otto mesi in Afghanistan ed è stato liberato quattro giorni fa.

Raccontando la sua esperienza padre Premkumar, 47 anni, ha detto che durante la prigionia le sue mani e i suoi piedi erano incatenati, poteva andare in bagno solo una volta ogni 12 ore ed era sempre sorvegliato da una guardia armata. Per due volte ha dovuto cambiare il luogo in cui era tenuto nascosto.

Premkumar, in Afghanistan da oltre tre anni come direttore del Jesuit Refugee Srvice (Jrs), aveva accompagnato gli insegnanti in visita a una scuola sostenuta dal Jrs per i rifugiati rimpatriati nel villaggio di Sohadat, a 25 chilometri di distanza dalla città di Herat, il 2 giugno dello scorso anno, quando è stato rapito da uomini armati non identificati.
“Non ci sono stati problemi per tre anni e avevo una buona familiarità sul terreno in cui mi muovevo. I miei rapitori mi dicevano spesso che sarei stato liberato presto” “ha detto il sacerdote, aggiungendo che non aveva idee chiare sull’identità dei suoi rapitori, anche se loro si sono sempre presentati come talebani. Inoltre, non conoscendo la loro lingua, poteva comunicare con loro solo con segni.
Alle molte domande dei giornalisti indiani sulle richieste dei rapitori e di come sia stato ottenuto il suo rilascio , padre Premkumar ha detto di non sapere. “Io non so lo scopo per cui sono stato rapito e non so come e con quali trattative sono stato rilasciato” ha risposto il gesuita che ha comunque ricordato l’ospitalità di un popolo che da troppo tempo vive in un paese “ problematico” e “ senza pace “. Fonte: Misna

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