R. – E’ una risposta ad un bisogno del nostro tempo. Papa Francesco impone che la Chiesa ripensi la propria vita pastorale all’insegna dell’evangelizzazione, della missione, diremmo della creatività e della fantasia dello Spirito, che sempre ispira, muove. I giovani, lo scorso anno, allo Stadio Olimpico, furono sollecitati da Papa Francesco, che diceva di mettere in gioco la loro gioventù, di rischiare. E dai giovani impariamo quanto sia necessario oggi fidarsi di più di Dio. Talvolta aspettiamo che siano adulti, che siano maturi e invecchino sotto i nostri occhi, invecchi la loro fede, invecchi la loro capacità, il loro entusiasmo. Bisogna fidarsi di loro e allora saranno loro i veri protagonisti di quest’estate. “Estatevangelizzando” è il tema di questo incontro che abbina due tempi fondamentali: primo, la preparazione breve, immediata, essenziale; e poi l’invio, il loro andare tra la gente, soprattutto in spiaggia per rendere ragione della loro fede, della loro gioia; per mostrare che questo Gesù, quando viene nominato, non solo si rende presente, ma è capace ancora di portare a conversione i cuori più induriti e soprattutto di far sperimentare quell’amore invincibile che è l’amore di Dio.
D. – In che modo i giovani avvicinano i loro coetanei, magari quelli meno credenti, quelli che ancora non conoscono la bellezza della fede?
R. – Intanto, direi, con i linguaggi del nostro tempo. C’è una capacità di dialogare, di stabilire contatti. In questo i giovani sono estremamente capaci. Certo la musica, l’arte, la creatività sono tutte occasioni, mezzi attraverso i quali si può richiamare l’attenzione. Ma il metodo rimane quello di sempre, quello evangelico: è il “face to face”, il faccia a faccia. Allora l’accostare una persona, chiedere anche di pregare un momento insieme, è talvolta un metodo talmente rivoluzionario e imprevedibile per la gente che non solo suscita curiosità e interesse, ma regala poi immediatamente la possibilità di fare l’esperienza di Gesù, l’esperienza con qualcuno. Il giovane allora lì scompare e finalmente appare Cristo.
D. – Spesso Papa Francesco nei suoi appelli ai giovani chiede di valorizzare la loro vita, di non buttarla. Ecco, in che modo si può dare loro una mano?
R. – Ancora una volta direi responsabilizzando il giovane: va impegnato prima che sia troppo tardi. Talvolta assistiamo nelle nostre comunità, nelle nostre parrocchie a questa sorta di pensionamento dei giovani. Per esempio, dando loro l’opportunità di esprimersi pienamente, liberamente in una iniziativa che è complessa, come questa che stiamo realizzando a Pescara, perché ha all’interno tante fasi di preparazione, di realizzazione, di attuazione. E lì ci si accorge quanti talenti, quanti carismi talvolta sono inespressi. Ed è davvero una pena vedere come i giovani non soltanto disperdano questo patrimonio meraviglioso che è nel loro Battesimo. Bisogna creare, dunque, delle occasioni in cui tutto questo accade, perché non sia soltanto un grande discorso ideale. Quando questo accade non è solo una sorpresa, perché vediamo come le comunità si risveglino, soprattutto come si ripopolino. La nuova evangelizzazione infatti non fa bene soltanto al mondo, ma fa bene anche alla Chiesa.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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