Sancta Sedes

Francesco ha incontrato i dipendenti vaticani: “Lavoro è la prima parola che vi dico per dirvi grazie”

Papa Francesco inizia il suo discorso ringraziando i Dipendenti della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano, ricevuti oggi in Aula Paolo VI per gli auguri del Santo Natale

Parole spontanee – a braccio, come si dice – quelle di Papa Francesco ai Dipendenti della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano, ricevuti oggi in Aula Paolo VI per gli auguri del Santo Natale.

Un’accoglienza calorosa a cui Francesco ha risposto con altrettanto affetto, abbracciando e benedicendo la folla assiepata lungo le transenne dell’Aula. Fotografie, selfie soprattutto con i giovani e numerosi doni come lo zucchetto bianco regalato da una bambina e che il Papa ha scambiato con il proprio, consegnandolo al papà della piccola. Tanti anche gli anziani a cui Francesco ha regalato alcuni preziosi secondi e poi, la benedizione e un piccolo bacio ai bambini malati.

Dal fragore dell’accoglienza, al silenzio assoluto quando Francesco, raggiunto il palco, ha preso la parola ringraziano i presenti: “ringrazio ognuno di voi per il lavoro che fa qui dentro, che fa funzionare questo treno che sembra tanto pesante” – ha detto – “Il lavoro della Chiesa – ha sottolineato –  non andrebbe bene e non si potrebbe fare, e voi siete parte di questa catena”.

Quattro parole su cui riflettere. La prima: “lavoro”
“Lavoro è la prima parola che vi dico, non per dirvi, lavorate di più ma per dirvi grazie”, e ha aggiunto, “non voglio lavoro in nero in Vaticano. Vi chiedo scusa, così come ho detto che non si deve lasciare nessuno senza lavoro”. “E’ un problema di coscienza per me, non possiamo predicare la Dottrina della Chiesa. Per me è così. Voi aiutatemi, aiutate a risolvere questa situazione”.

Mettendo in risalto il lavoro come “strada di santificazione e felicità” – Francesco ha proseguito con la sua consueta schiettezza: “la maledizione è non avere lavoro, perché il lavoro ci dà dignità, la sicurezza del lavoro ci dà la dignità”. “Questo è un problema mondiale – ha aggiunto – che dipende da tanti fattori e conservare il lavoro è avere dignità, portare il pane e portarlo non dalla Caritas ma perché lavoro, e farlo bene, è dignità”.

Altra parola nata dal cuore di Francesco:” famiglia”
“La seconda parola che mi viene in mente di dirvi – ha continuato il Papa – è famiglia. Quando io so che una famiglia vostra è in crisi e ci sono i bambini che si angosciano perché la famiglia è in crisi, io soffro. Lasciatevi aiutare. Per favore, fatevi aiutare, chiedete aiuto in tempo. Custodire le famiglie. Io so che tra voi ci sono alcuni separati e soffro con voi”, “quando i genitori litigano i bambini soffrono. Vi do un consiglio: mai litigare davanti ai bambini. Custodire la famiglia. La famiglia! La famiglia, questo è il gioiello grande perché Dio ha creato la famiglia. Fecondi, andate avanti.
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“Chiacchiere”
La terza parola proposta da Francesco nel suo discorso a braccio, è stata “chiacchiere”, “una parola ricorrente”, come l’ha definita, e che è causa di molte sofferenze. Il paragone scelto dal Papa ha davvero reso l’idea del danno che si può fare quando si mormora. “Un chiacchierone – ha spiegato – è come un terrorista: tira la bomba che esplode e danneggia tanti altri. Non fare il terrorismo delle chiacchiere, per favore!  Come possiamo fare per non chiacchierare? Ma morditi la lingua!

A chiudere la riflessione, una parola spesso difficile da pronunciare: “perdono”.
“Perdono e scusa la quarta parola, perché  noi non sempre diamo buon esempio: parlo della fauna clericale” – ha detto Papa Francesco – Ci sono sbagli nella vita che facciamo noi chierici, peccati, ingiustizie, trattiamo un po’ male la gente, a volte siamo nevrotici. Per questo chiedo perdono”.

Gli auguri finali.
Invitando a non aver paura di chiedere perdono, e di cercare un buon confessore, perché “ci sono tanti preti misericordiosi”, e perché  “il Natale è buona occasione per fare pace in noi stessi”, l’augurio di Francesco ha fatto riferimento anche a quella preziosa “ gioia che viene da dentro”. E senza dimenticare i malati delle famiglie presenti a cui inviare anche a loro la sua  benedizione,  il Papa ha concluso chiedendo ulteriormente perdono e invitando a custodire lavoro, famiglia, la lingua e ringraziando tutti i presenti per l’aiuto dato.

Emanuela Campanile – Città del Vaticano
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