Due rom diventano cristiane. Samira e Jessica ponti tra culture

Alla Comunità Giovanni XXIII il «percorso di fede e conoscenza» di due madri, provenienti da Macedonia e Bosnia, approda alla conversione

Due donne di etnia Rom diventano cristiane. Samira, 26 anni, viene dalla Macedonia e abita in Italia dai primi anni Novanta; ha vissuto nei campi nomadi fino a un anno fa: tre figli, ha lavorato in un albergo fino alla nascita dell’ultima figlia, ora vive grazie ai lavori saltuari del marito. Jessica, madre di otto figli, è nata in Italia e la sua famiglia è bosniaca; vive grazie ad alcuni sussidi del Comune e a lavori saltuari.

«Sono sempre stata affascinata dalla fede cristiana – racconta Jessica – ho sempre voluto seguire a scuola l’insegnamento cattolico, anche se in famiglia si leggeva il Corano». Un cammino di avvicinamento alla fede cristiana avvenuto alla Comunità Giovanni XXIII, attualmente impegnata a Forlì in un incontro nazionale tra dibattiti e celebrazioni. «La conoscenza reciproca è l’unico antidoto ai pregiudizi – afferma a Vatican Insider il professor Agostino Giovagnoli, ordinario di Storia contemporanea all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano – Queste conversioni esprimono un articolazione interna del mondo rom che è molto accentuata e di cui non si tiene debitamente conto nell’analizzare la loro realtà. Per i rom esistono universi culturali diversi, anche legati alla loro provenienza. Un conto, per esempio, che siano originari della Romania o della Bosnia. Ci sono grandi differenza anche religiose».

In certi casi, sottolinea lo storico, l’identità musulmana risponde a una radice profonda, in altri casi invece l’adesione alla «fede dei padri» è un elemento più superficiale che deriva principalmente dall’ambiente. «Laddove ci sono conversazioni si trattava di musulmani nel senso di islam come etichetta sociologica piuttosto che come convinzioni profonde – evidenzia Giovagnoli – La galassia rom è più complessa di come viene immaginata generalmente».

«La conversione di queste due donne coincide con un momento delicatissimo di crescente ondata anti-rom e xenofoba in Italia – osserva a Vatican Insider il sociologo Domenico De Masi – L’uso strumentale di drammatiche vicende di cronaca da parte di settori politici ha trasformato i rom in capri espiatori in una fase di grave crisi economica. In altri paesi non è così. In Brasile, per esempio, il meticciato è una realtà consolidata e universalmente accettata e così 47 etnie convivono pacificamente e in costruttiva armonia».

Soffiando sull’avversione per i rom, secondo De Masi, si riaccendono ricordi di pagine infauste come lo sterminio dei quali furono vittime in Unione Sovietica. «Stalin finse persino di organizzare un festival internazionale dei circhi equestri per convogliare i rom in un’unica circostanza e massacrarli in massa», aggiunge De Masi. Insomma «la convivenza nasce dalla conoscenza reciproca, mentre la paura allontana».

Samira e Jessica come ponti tra culture, quindi. «Oggi alla “Tre Giorni” della Comunità Papa Giovanni XXIII iniziano il catecumenato due donne. Vivono in due appartamenti messi a disposizione da alcuni comuni del Centro Italia, e sono accompagnati nella scoperta del cammino di fede cristiana da Alberto Zucchero, Davide Caroli, Pino Pasolini e Giovanna Fattori, membri della Comunità Papa Giovanni XXIII», raccontano i volontari dell’associazione cattolica in prima linea nell’integrazione dei «diversi» e nel sostegno alle situazioni di marginalità. Durante la cerimonia, Giovanni Ramonda simbolicamente ha consegnato il «mandato missionario» ai membri della Comunità in partenza per i 35 paesi in cui è presente. Una coppia di sposi partirà per il Rwanda; due volontari, Carlo e Antonio, per l’Iraq. Poi ci sono gli avvicendamenti in Camerun, Haiti, Venezuela e Australia. Iniziano così le celebrazioni per i trent’anni dall’invio da parte di don Oreste Benzi dei primi missionari in Zambia, che culmineranno il 30 e 31 ottobre con un convegno a Rimini.

Di Giacomo Galeazzi per Vatican Insider (La Stampa)

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