«Cristiani e musulmani: insieme per contrastare la violenza perpetrata in nome della religione»: è questo il titolo del messaggio inviato ai musulmani dal pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso in occasione dell’inizio del Ramadan. A porgere gli auguri, «con Papa Francesco», sono il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio, e padre Miguel Ángel Ayuso Guixot, segretario.
Il Vaticano sottolinea la gravità dei crimini commessi nei confronti di alcune comunità etniche e religiose: «Per alcuni tra voi, come pure per altri appartenenti a diverse comunità religiose, sulla gioia della festa getta un’ombra il ricordo dei propri cari che hanno perso la vita o i loro beni o sofferto fisicamente, mentalmente e persino spiritualmente a causa della violenza. Comunità etniche e religiose in numerosi Paesi del mondo hanno patito sofferenze enormi ed ingiuste: l’assassinio di alcuni dei loro membri, la distruzione del loro patrimonio culturale e religioso, emigrazione forzata dalle loro case e città, molestie e stupro delle loro donne, schiavizzazione di alcuni dei loro membri, tratta di esseri umani, commercio di organi, e persino la vendita di cadaveri». Per il Vaticano «tuttavia, ciò che li rende ancora più odiosi è il tentativo di giustificarli in nome della religione».
«Sarebbe superfluo dire che coloro che hanno la responsabilità della sicurezza e dell’ordine pubblico – si legge ancora nel messaggio – hanno pure il dovere di proteggere le persone e le loro proprietà dalla cieca violenza dei terroristi. D’altro canto, c’è pure la responsabilità di coloro che hanno il compito dell’educazione: le famiglie, le scuole, i testi scolastici, le guide religiose, il discorso religioso, i media».
La violenza e il terrorismo, spiega il testo, «nascono prima nella mente delle persone deviate, successivamente vengono perpetrate sul campo. Tutti coloro che sono coinvolti nell’educazione dei giovani e nei vari ambiti educativi dovrebbero insegnare il carattere sacro della vita e la dignità che ne deriva per ogni persona, indipendentemente dalla sua etnia, religione, cultura, posizione sociale o scelta politica. Non c’è una vita che sia più preziosa di un’altra per motivo della sua appartenenza ad una specifica razza o religione. Dunque, nessuno può uccidere. Nessuno può uccidere in nome di Dio; questo sarebbe un doppio crimine: contro Dio e contro la persona stessa».
A cura di Redazione Papaboys fonte: Vatican Insider (La Stampa)
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