Avvenire incontra il porporato francese, molto stimato da Papa Francesco che lo scorso dicembre lo ha nominato anche Camerlengo di Santa Romana Chiesa, negli uffici del suo dicastero:
Eminenza, come valuta le reazione del mondo islamico a questo atto terroristico?
Gli imam francesi che ho incontrato giovedì esprimevano sentimenti di tristezza e di indignazione. Perché vedevano la loro religione associata ad un gesto di terribile crudeltà. Ma allo stesso tempo manifestavano la volontà di uscire da questa situazione. E concordavano sul fatto che è necessario lavorare molto a livello educativo, nelle università e nelle scuole.
Questa però è una soluzione a medio e lungo termine. Ma a breve?
Certamente si deve mettere queste persone nelle condizioni di non nuocere più. Si devono controllare gli eventuali legami con organizzazioni criminali e si devono disarticolare le reti terroristiche. Ma, ripeto, questo sforzo repressivo, seppur doveroso, non serve a nulla se in prospettiva non si lavora a livello educativo. Ma questo vale anche per il nostro mondo occidentale.
In che senso?
Anche noi dobbiamo conoscere meglio la religione islamica, che non può essere identificata con il terrorismo.
Ma questi atti terroristici aiutano a formulare questa identificazione…
Appunto, è necessario conoscere meglio l’islam, e in questo è importante il ruolo dell’educazione ma anche dei massmedia e della tv in particolare.
Percepisce una maggiore sensibilità da parte islamica nel condannare e contrastare gli elementi terroristici che sono presenti nel suo interno?
Come è noto ci sono diversi modi di vivere l’islam. E in quelli che incontro noto certamente una accresciuta sensibilità. L’ho sperimentata ad esempio nel corso dei colloqui avuti con i responsabili sciiti che ho incontrato recentemente in Iran.
Più in generale come procede il dialogo del suo dicastero con il mondo islamico?
Abbiamo incontri regolari con alcune istanze. A novembre, ad esempio, si è tenuto a Roma il terzo seminario del Forum cattolico-musulmano. Permangono tuttavia problemi per la libertà religiosa in alcuni Paesi a maggioranza islamica, e rimane tuttora interrotto il dialogo con l’Università al-Azhar del Cairo.
Come valuta le cosiddette primavere arabe?
È stato un fenomeno interessante, provocato da giovani che volevano lavoro, diritti, libertà. Ma purtroppo gli esiti non sono quelli sperati. Bisognerà forse attendere una nuova generazione per vedere un’evoluzione positiva.
Quanto contribuirebbe alla sconfitta del terrorismo una soluzione del conflitto israelo-palestinese?
Ho sempre sostenuto che quella è la madre di tutte le crisi. Una soluzione di quel conflitto avrebbe certamente un influsso molto positivo su tutto lo scacchiere mediorientale. Ma gli ultimi segnali, ahimé, non sono incoraggianti.
Tornando alla strage di Parigi. Anche nei commenti di giornali laici sono state espresse riserve su una satira dai toni volutamente blasfemi…
È vero che non si può ridere di tutto. E ci sono delle sensibilità, anche religiose, che andrebbero sempre rispettate. Ma la libertà di espressione è un bene irrinunciabile in un regime democratico. E nulla può giustificare quanto successo a Parigi.
Un’ultima domanda. Leggerà l’ultimo romanzo di Michel Houellebecq?
No. E non darei molto peso a questo autore.
Intervista di Gianni Cardinale per Avvenire
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