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Appello di Papa Francesco ai giornalisti: non siate contabili della storia, no a fake news e retorica bellicista

Papa Francesco accoglie in udienza la delegazione del Premio Internazionale di giornalismo intitolato a Biagio Agnes: “Dallo sguardo sulla realtà scaturiscono le parole adeguate per dissipare le ombre di un mondo chiuso e diviso e costruire una civiltà migliore di quella che abbiamo ereditato”, afferma nel suo discorso preparato che consegna ai presenti.

“Taccuino”, “penna” ma, soprattutto, “sguardo”, sono gli strumenti dei veri giornalisti. Quelli che non sono semplicemente “registri della storia”, ma che hanno scelto di vivere in prima persona le implicazioni di essa. Quelli che “consumano le suole delle scarpe” per favorire il dialogo anziché le fake news o, peggio ancora, la “retorica bellicista”, utilizzando le parole adeguate per “dissipare le ombre di un mondo chiuso e diviso”. Papa Francesco ribadisce le caratteristiche del “buon” giornalismo in occasione dell’udienza odierna, il 24 giugno, con una delegazione del Premio Internazionale di giornalismo e informazione intitolato a Biagio Agnes, noto giornalista italiano e figura di rilievo nella RAI. Il Papa ricorda Agnes come un “difensore del servizio pubblico, capace di intervenire con saggezza e determinazione per garantire un’informazione autentica e corretta”.

Francesco consegna il suo discorso preparato a Simona Agnes, figlia di Biagio Agnes, e a Gianni Letta, presidente della Fondazione che organizza il Premio. Nella sala sono presenti anche i vertici della Rai che sostengono l’iniziativa, così come quelli di Confindustria. Papa Francesco considera questa collaborazione positiva, affermando: “Solo insieme, ognuno con le proprie specificità e prerogative, possiamo disegnare un orizzonte di speranza”.

Andare dove nessuno va

“Disegnare un orizzonte di speranza” è il compito quotidiano del giornalista, chiamato a “consumare le suole delle scarpe” o a navigare le strade digitali, sempre in ascolto delle persone che incontra, afferma il Papa nel suo testo scritto.

Il giornalismo, come narrazione della realtà, richiede la capacità di andare dove nessuno va: un movimento e un desiderio di vedere. Curiosità, apertura e passione sono necessari.

Il Papa pensa in particolare ai giornalisti di guerra: “Raccontare la tragedia e l’assurdità dei conflitti fa sentire tutti parte di una stessa sofferenza”, sottolinea. E indica tre “elementi” del lavoro giornalistico che forse vengono sempre meno utilizzati, ma che hanno ancora molto da insegnare: il taccuino, la penna e lo sguardo.

Papa Francesco (Foto Vatican Media)

Il taccuino

Il taccuino perché “annotare un fatto comporta sempre un grande lavoro interiore”.

Il taccuino ricorda l’importanza dell’ascolto, ma soprattutto del lasciarsi colpire da ciò che accade. Il giornalista non è solo un registratore della storia, ma una persona che ha scelto di viverne le conseguenze con partecipazione e compassione.

La penna

La penna, uno strumento sempre meno utilizzato in favore di smartphone e tablet, tuttavia, come afferma Papa Francesco, “aiuta a elaborare il pensiero, collegando mente e mani, facilitando la memoria e legando il passato al presente”. “La penna evoca il lavoro artigianale a cui il giornalista è sempre chiamato: si impugna la penna dopo aver verificato i dettagli, valutato le ipotesi, ricostruito e verificato ogni singolo passaggio”, osserva il Pontefice.

Intelligenza e coscienza agiscono insieme e toccano le corde esistenziali.

La penna richiama l'”atto creativo” dei giornalisti e degli operatori dei media, un atto che richiede di unire la ricerca della verità con l’integrità e il rispetto per le persone, soprattutto nel rispetto dell’etica professionale.

Lo sguardo

Infine, lo sguardo, che è l’anima del taccuino e della penna, altrimenti sarebbero solo accessori. “Uno sguardo reale, non solo virtuale” è ciò che chiede il Papa: “Oggi più che mai, siamo distolti da parole, immagini e messaggi che contaminano la vita.

Pensiamo, ad esempio, al triste fenomeno delle fake news, alla retorica bellicista o a tutto ciò che manipola la verità. Serve uno sguardo attento a ciò che accade per disarmare il linguaggio e favorire il dialogo.

Dissipare le ombre di un mondo chiuso e diviso

Questo sguardo “deve essere orientato dal cuore”, perché è da lì, citando il Messaggio per le Comunicazioni sociali, che “scaturiscono le parole adeguate per dissipare le ombre di un mondo chiuso e diviso e costruire una civiltà migliore di quella che abbiamo ereditato”.

“È uno sforzo richiesto a ciascuno di noi, ma richiama in particolare il senso di responsabilità degli operatori della comunicazione, affinché svolgano la propria professione come una missione”, conclude il Vescovo di Roma. Da qui, nelle ultime righe del discorso preparato, l’incoraggiamento a promuovere “iniziative culturali per sostenere la diffusione di un’informazione corretta, educando e formando le giovani generazioni”.

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