Addio a Shevardnadze, il georgiano inquieto

C’è anche un po’ della grande canzone melodica statunitense nella caduta nel Muro di Berlino, nella definizione temporale del “secolo breve”, e del nuovo, tuttora pericolante, assetto che il mondo ha assunto dopo il 1989. E lo si deve a un georgiano del modesto villaggio di Mamati, assurto a ministro degli Esteri nel governo Urss guidato da Mikhail Gorbaciov tra il 1985 e il ‘90. Eduard Shevardnadze, classe 1928, si è spento, in seguito a una lunga malattia, dopo essere stato ai vertici del Cremlino, avendo dapprima sostenuto e poi contribuito a far crollare l’Unione Sovietica, per diventare infine, tra il 1995 e il 2003, presidente della neonata Repubblica di Georgia.

La storia non potrà dimenticarsi di Shevardnadze e, forse a tempo debito, lo porrà nell’olimpo dei personaggi che agirono, ciascuno a suo modo, al superamento della Cortina di ferro, accanto a personalità del calibro dello stesso Gorbaciov, di Lech Walesa, Vaclav Havel, Giovanni Paolo II, di innumerevoli martiri del comunismo come Jerzy Popieluszko, di gente sconosciuta che non si rassegnò mai alla dittatura del Patto di Varsavia.

Proprio l’astuto Shevardnadze – chiamato agli Esteri dopo 28 anni di regno incontrastato del temuto Andrej Gromyko – operò, nell’era della perestroika e della glasnost, per dar forma a quella che fu poi chiamata la “dottrina Sinatra”, che prevedeva un progressivo sganciamento dei Paesi dell’est da Mosca in modo che ciascuno potesse decidere – a modo suo – la propria strada per quanto atteneva la politica interna, quella estera, le riforme economiche e sociali… “Dottrina Sinatra” (in contrapposizione alla “dottrina Breznev” di ingerenza sovietica nelle vicende degli Stati satelliti) perché rimandava alla canzone di Frank Sinatra, “My way”, cioè “a modo mio”. La definizione si deve a Gennadi Gerasimov, altro alfiere delle trasformazioni dell’Urss.

“E ora, la fine è vicina, affronto l’ultimo sipario…”, cantava l’italo-americano Frank, “The Voice”, nella sua melodia che ha fatto più volte il giro del mondo. E con la “dottrina Sinatra”, il georgiano Eduard Shevardnadze preparava l’ultimo sipario sull’Urss e sulla rivoluzione del 1917. Non tutto da allora è filato liscio, Mosca a tanti fa ancora paura. Ma sulle pagine dei libri di storia resterà anche il nome di un georgiano inquieto. A cura di Redazione Papaboys fonte: Agensir

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