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‘Voi, famiglie, siete la speranza della Chiesa e del mondo!’

La veglia di Papa Francesco nel Croke Park Stadium di Dublino: «Incoraggio i genitori a far battezzare i figli appena possibile»

È una grande festa, fatta di canti, preghiere e testimonianze. Il cuore dell’incontro internazionale delle famiglie, la veglia nel Croke Park Stadium di Dublino, vede Papa Francesco rilanciare i passaggi chiave dell’esortazione “Amoris laetitia” e del magistero sul matrimonio. Bergoglio dice alle famiglie: «Voi siete la speranza della Chiesa e del mondo!», indicando il ruolo chiave della famiglia per la società. Invita i genitori a non attendere per battezzare i figli, ma di farlo «appena possibile». Ripropone la bellezza di dei legami duraturi accennando ai consigli già più volte dati agli sposi: ascolto reciproco, capacità di perdono, preghiera.

Francesco, dopo aver ascoltato le testimonianze di diverse coppie provenienti da varie Paesi e con storie diversissime, ricorda che la stessa Chiesa è «una sola famiglia in Cristo», immensa, quella dei figli del battesimo, nella quale «si gioisce con quelli che sono nella gioia e si piange con quelli che sono nel dolore o si sentono buttati a terra dalla vita. Una famiglia in cui si ha cura di ciascuno, perché Dio nostro Padre ci ha resi tutti suoi figli nel battesimo». È l’occasione per Francesco di «incoraggiare i genitori a far battezzare i figli appena possibile, perché diventino parte della grande famiglia di Dio». «E c’è un’altra cosa –aggiunge a braccio–: se il bambino da piccolo è battezzato entra dentro il suo cuore lo Spirito Santo. Facciamo una comparazione: un bambino senza battesimo i cui genitori dicono: “quando sia grande”, e un bambino con lo spirito santo nel suo cuore, questo è più forte. Perché ha la forza di Dio dentro».

Il Papa propone la famiglia come luogo dove vivere la santità quotidiana, quella dei «santi della porta accanto», «di tutte quelle persone comuni che riflettono la presenza di Dio nella vita e nella storia del mondo». Una santità «silenziosamente presente nel cuore di tutte quelle famiglie che offrono amore, perdono e misericordia quando vedono che ce n’è bisogno, e lo fanno tranquillamente, senza squilli di trombe».

Francesco, come ha fatto in “Amoris laetitia” parla della bellezza del matrimonio, e della sua fecondità, che è un dono da chiedere e da ricevere: «Giorno dopo giorno Gesù ci riscalda col suo amore facendo in modo che penetri tutto il nostro essere. Dal tesoro del suo Sacro Cuore, riversa su di noi la grazia che ci occorre per guarire le nostre infermità e aprire la mente e il cuore ad ascoltarci, capirci e perdonarci gli uni gli altri». Proprio il perdono, la misericordia ricevuta e donata, rappresenta una chiave di volta per la vita familiare. Il perdono è un «dono speciale di Dio che guarisce le nostre ferite e ci avvicina agli altri e a lui. Piccoli e semplici gesti di perdono, rinnovati ogni giorno sono il fondamento sul quale si costruisce una solida vita familiare cristiana. Ci obbligano a superare l’orgoglio, il distacco e l’imbarazzo e a fare pace».
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Bergoglio ripete ancora una volta le tre parole necessarie, “scusa”, “per favore” e “grazie”. «Quando litighi a casa, assicurati, prima di andare a letto, di aver chiesto scusa e di aver detto che ti dispiace. Anche se sei tentato di andare a dormire in un’altra stanza, solo e appartato, semplicemente bussa alla porta e di’: “Per favore, posso entrare?”. Quel che serve è uno sguardo, un bacio, una parola dolce… e tutto ritorna come prima! Dico questo perché, quando le famiglie lo fanno, sopravvivono. Non esiste una famiglia perfetta; senza l’abitudine al perdono, la famiglia cresce malata e gradualmente crolla. Perdonare vuol dire donare qualcosa di sé». E i figli «imparano a perdonare quando vedono che i genitori si perdonano tra di loro». Così si può vivere «la fedeltà nel matrimonio» che non è un «freddo obbligo legale» ma «una potente promessa della fedeltà di Dio stesso alla sua parola e alla sua grazia senza limiti».

Non manca nel discorso del Papa, in risposta all’esperienza positiva circa l’uso dei social raccontato da una coppia indiana, una messa a punto sui rischi di questi mezzi. Se sono utili a mantenere vivi relazioni e rapporti non devono mai diventare «una minaccia alla vera rete di relazioni di carne e sangue, imprigionandoci in una realtà virtuale e isolandoci dai rapporti autentici».

«Ma, quando tu usi i social media troppo –ha detto ancora Francesco– e vai… tu entri in orbita! Quando, a tavola, invece di parlare in famiglia, ogni uno ha il telefonino e si connette fuori: è in orbita. Ma questo è pericoloso. Perché ti svincola dal concreto della famiglia e ti porta a una vita gazzosa, senza consistenza. Ricordate la storia di Ted e Nisha che ci insegnano a usare bene i social media».

Tra le testimonianze ci sono state storie di persecuzione, come quella degli iracheni Enass e Sarmaad, entrambi legati a padre Ragheed Ganni, il prete martirizzato nel 2007 a Mosul. L’amore familiare e i suoi vincoli sono «sorgenti di forza e di pace persino in mezzo alla violenza e alla distruzione, causate da guerra e persecuzione». Dopo l’uccisione di padre Ganni, queste «famiglie hanno scelto il perdono e la riconciliazione piuttosto che l’odio e il rancore. Hanno visto, alla luce della croce, che il male si può contrastare solo col bene e l’odio superare solo col perdono. Hanno pregato. La preghiera! Pregare insieme. E mentre ascoltavo il coro, ho visto lì una mamma che insegnava il figlio a fare il segno della croce. Vi domando: voi insegnate i bambini a fare il segno della Croce? Si o no? O insegnate a fare qualcosa così, che no si capisce cos’è? È importante che imparino da bambini a fare il segno bene. È il primo credo. Questa sera, prima di andare a letto, voi genitori, domandatevi insegno i bambini a fare bene il segno della Croce?».
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C’è poi spazio per una riflessione sui nonni, grazie alla testimonianza di una coppia di sposi da più di cinquant’anni. «Il loro matrimonio – dice Francesco – è un monumento all’amore e alla fedeltà! I loro nipotini li mantengono giovani; la loro casa è piena di allegria, di felicità e di balli. Il loro amore vicendevole è un dono di Dio, un dono che stanno trasmettendo con gioia ai loro figli e nipoti. Una società che non valorizza i nonni è una società senza futuro. Una Chiesa che non ha a cuore l’alleanza tra generazioni finirà per mancare di ciò che veramente conta, l’amore». Ed è «un grande errore non domandare agli anziani le loro esperienze o pensare che parlare con loro sia una perdita di tempo».
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Anche delle famiglie numerose ha parlato il Papa («Dieci figli. Vi domando: vi fanno arrabbiare i figli? È la vita così. Ma è bello avere dieci figli. Grazie!»), ricordando che ogni famiglia è chiamata a camminare vivendo la fedeltà, indissolubilità, l’unità e l’apertura alla vita seppur «in mezzo a difficoltà e limiti». Francesco ha poi citato la testimonianza di una nomade, Missy, la quale ha ricordato «che tra i nomadi, la famiglia è sempre stata una fonte di forza e di solidarietà. La sua testimonianza ci ricorda che, nella casa di Dio, c’è un posto alla mensa per tutti».

di Andrea Tornielli per Vatican Insider / Tweet di Padre Antonio Spadaro

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