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Ucraina: gli interessi occidentali e i desideri del popolo

Soldati russi o filo-russi hanno ormai il controllo militare della Crimea e secondo alcune fonti hanno occupato anche il parlamento regionale di Donestk (est dell’Ucraina), base del decaduto presidente Viktor Yanukovych. Anche a Donestk, come a Sebastopoli e Semferopoli sono issate bandiere russe. Sergei Lavrov, ministro russo degli esteri, a Ginevra per incontrare il segretario Onu ban Ki-moon, ha dichiarato che le truppe russe sono necessarie in Ucraina “finchè non si normalizza la situazione politica”. Egli accusa i vincitori del nuovo corso filo-europeo di Kiev di voler usare il loro potere “per attaccare i diritti umani e i diritti fondamentali delle minoranze”, in particolare della popolazione russofona. Su due milioni di abitanti in Crimea, i russi sono il 59% e il 17% di tutta l’Ucraina. “La violenza degli ultra-nazionalisti – ha aggiunto Lavrov – minaccia le vite e gli interessi regionali dei russi e della popolazione che parla russo”. Fino ad ora, però, non sono registrate particolari violenze verso i gruppi filo-russi in Ucraina, concentrati anche nell’est del Paese, oltre  che nella penisola di Crimea, al di là di qualche tafferuglio nei giorni scorsi fra filorussi e tatari, la popolazione musulmana della Crimea (il 12% degli abitanti della penisola) che, perseguitata ai tempi di Stalin, desidera liberarsi dall’influenza di Mosca. Forse la minaccia più evidente è solo la proposta del parlamento di Kiev di cancellare l’uso della lingua russa come lingua nazionale. Proposta che per ora è stata bloccata dal presidente ad interim Oleksandr Turchynov.

La mossa è significativa di un sottrarsi da parte dell’Ucraina al rapporto con la Russia, a cui è legata da trattati economici e militari, quali il passaggio del gasdotto che porta gas all’Europa e le basi navali della marina russa in Crimea. Secondo diversi analisti, per salvaguardare i suoi interessi – oltre che quelli della popolazione russofila – Mosca è pronta a una guerra simile a quella lanciata contro la Georgia nell’agosto 2008, che porterebbe a una divisione del Paese. Il governo di Kiev considera l’occupazione militare russa della penisola di Crimea una vera e propria “dichiarazione di guerra” e ha mobilitato tutte le sue truppe, chiedendo alla popolazione di partecipare ad attività di esercitazioni. Finora però non si registrano scontri fra militari russi (o filo-russi) e le truppe ucraine. Le guarnigioni di queste ultime nella Crimea sono state circondate da soldati russi senza alcuna violenza o scambio di fuoco. Anche Vladimir Putin, che ha ottenuto dal parlamento l’avallo per l’invio di soldati in Ucraina, non ha ancora fatto uso esplicito di questo potere, anche se si registra un ammassarsi di mezzi blindati sulla costa russa del Canale di Crimea.

Mentre gli Usa, la Gran Bretagna e la Svezia minacciano ritorsioni contro Mosca, alcuni Paesi dell’Unione europea – Germania in testa – sono in contatto con Putin per varare un gruppo di dialogo per la soluzione della crisi. Intervistato dalla France Press, un diplomatico europeo ha dichiarato: “Abbiamo bisogno di parlare con Putin, che hale sue buone ragioni per fare queste brutte cose. La situazione è estremamente pericolosa. Abbiamo bisogno di una via d’uscita a questa sindrome da Guerra fredda”. Al presente, il ministro britannico degli esteri, William Hague, si trova a Kiev. Domani sarà raggiunto dal segretario di Stato Usa John Kerry. Anche il vice segretario dell’Onu, Jan Eliasson sta arrivano in Ucraina per trovare soluzioni al fine di “ridurre la tensione della situazione”.

Da più e autorevoli fonti la Crimea –commenta Guglielmo Sano-, sembra essere totalmente sotto il controllo delle forze di Putin, senza che neanche un colpo sia stato sparato – come confermano dagli USA. Yatseniuk, giovane premier ad interim, da Kiev cerca di arginare come può quella che considera una “vera e propria aggressione”: l’Ucraina vicina all’Occidente prepara le pur sparute truppe richiamando anche i riservisti, chiude lo spazio aereo ai voli non civili, rafforza le misure di sicurezza delle centrali nucleari. Nelle regioni orientali, non solo in Crimea, le truppe di Mosca non trovano resistenza e “occupano”gli obiettivi strategici, con l’aiuto di milizie popolari – ma anche di vertici militari – che considerano “illegale” il governo di Kiev ma che non esitano a definire, l’ex Capo di Stato Yanukovich, un “traditore”. Anche se in Occidente il rifiuto di una nuova azione unilaterale di Putin sembra essere sempre più forte – nella condanna alle operazioni in Crimea la voce delle 7 potenze economiche mondiali, Italia inclusa – come riferiscono le ultime parole di Renzi e Napolitano. Obama avrà pure unito in un’unica piattaforma l’Unione Europea e gli altri alleati, europei e non, nel sostegno al governo di Kiev, tuttavia, non sembra che le regioni orientali ucraine ne chiedano un intervento, magari semplicemente diplomatico, cosa che hanno fatto con Putin, ritenuto l’unica speranza di mantenere la propria identità e garantire i propri interessi. “La Russia ha bisogno di un’Ucraina forte e stabile e non di un parente povero sempre con il cappello in mano a chiedere l’elemosina”: queste le parole che ha usato il premier russo Medvedev per annunciare che la formazione dell’Ucraina voluta da Euromaidan – tra colpi di mano, violazioni costituzionali, morti e sangue – sarà osteggiata, contrastata e, probabilmente, combattuta da Mosca. a cura di Francis Marrash

 

* La fonte dell’articolo è tratta da asianews

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