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Telelavoro: l’esperienza positiva della provincia di Trento

ANSA527588_ArticoloRazionalizzare i costi ed evitare gli esuberi: questi i due punti chiave della riforma del lavoro presentata alcuni giorni fa dal ministro della Semplificazione italiana, Marianna Madia. E una chiara risposta a queste proposte potrebbe essere rappresentata dall’introduzione del telelavoro, una forma nuova di svolgere la propria mansione lavorativa da casa, ancora poco sfruttata in Italia e invece di largo uso all’estero. Su questo tema, il servizio di Marina Tomarro della Radio Vaticana:

Secondo le ultime statistiche, nel mondo un lavoratore su cinque è impiegato con un rapporto di telelavoro, soprattutto nelle economie emergenti. Infatti, in India il 50%, delle persone lavora da casa; in Messico, Argentina e Sud Africa circa il 30%. Anche in Europa questa nuova pratica sta diffondendosi, in particolare nella Repubblica Ceca con 15,2%, seguita da Spagna, Lituania, e Germania. L’Italia è fanalino di coda, fatta eccezione per la Provincia autonoma di Trento, dove negli ultimi due anni sono state attivate oltre 250 postazioni di telelavoro che vanno a coinvolgere 48 strutture provinciali. Ma quali sono i vantaggi di questa scelta?

Ascoltiamo Paola Borz, direttore dell’Ufficio Gestione e organizzazione del Servizio per il Personale della provincia.
R. – Benefici sia a livello economico, per il nostro ente, in quanto abbiamo abbattuto – per le persone in telelavoro – completamente i costi legati allo straordinario, diminuiti i costi legati alla mensa, per esempio. Abbiamo anche razionalizzato costi relativi agli spazi, perché quando le persone rientrano, rientrano su postazioni condivise con altri telelavoratori, scambiandosi quindi un po’ le giornate. Il 99 per cento dei lavoratori ha espresso soddisfazione per la partecipazione a questa sperimentazione, in quanto ci sono stati anche per loro benefici economici, perché – ad esempio – hanno ridotto l’uso della macchina e quindi il costo della benzina, ma hanno anche guadagnato tempo per stare con la famiglia.

D. – Secondo lei, questo progetto del telelavoro può essere anche esportato nelle altre regioni italiane?
R. – Assolutamente sì! Tra l’altro, noi ci teniamo ad essere considerati un po’ apripista … Chiaramente, va adattato alle esigenze della singola amministrazione – sia nel pubblico, sia nel privato – ma può essere esportato senza nessun problema, anzi: con le tecnologie esistenti, problemi non esistono. Bisogna solo cambiare un po’ mentalità, sia da parte dei responsabili – perché bisogna abbandonare un po’ l’idea della presenza – e poi anche da parte del lavoratore, magari abbandonare certe paure di isolamento.
E la provincia autonoma trentina oltre al telelavoro ha voluto creare anche un progetto dedicato a quelle categorie di lavoratori avanti con gli anni, licenziati o messi in mobilità. Per loro, infatti, sta nascendo una serie di attività socialmente utili, con un unico obiettivo: rendere “bello” il territorio, come la manutenzione dei 450 chilometri di piste ciclabili, l’allestimento di spazi espositivi e l’assistenza nei musei. Nell’ultimo anno questo progetto ha permesso di occupare 1.400 persone, di cui 1.150 sono state assunte con un contratto a tempo indeterminato. A cura di Redazione Papaboys*

*fonte: Radio Vaticana

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