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Sono tanti i cattolici rispettosi delle Unioni civili di cui nessuno parla

Sono tanti i cattolici rispettosi delle Unioni civili di cui nessuno parlaSul Corriere della Sera di qualche giorno fa, Ernesto Galli della Loggia definiva l’attuale dibattito sulle unioni civili nel nostro paese “non all’altezza della complessità” del problema posto.

Concordo con il giudizio finale del famoso editorialista e condivido la prima delle due motivazioni, e cioè che hanno parlato troppo i politici; dissento invece, e profondamente, sul fatto che l’opinione laico-progressista sia stata iper-rappresentata ai danni del pensiero tradizionale. Non convengo affatto cioè che sia possibile descrivere la pancia profonda dell’italiano medio usando solo due colori: un protagonista forzuto e un’antagonista anemico.

Esiste invece una terza posizione del tutto tacitata e dimenticata che, nella mia esperienza quotidiana di prete e scrittore, è largamente presente: mi riferisco ai cattolici che non guardano affatto alle unioni civili come a una minaccia per il paese o come un attacco alla famiglia ma che vivono il processo di crescita delle libertà e delle tutele nel paese, con attenzione e rispetto. Sono loro i veri silenziati. Sono quelli che non hanno tribune, che non vengono invitati a parlare da nessuna parte perché non sono la senatrice Cirinnà e, men che meno, sono Mario Adinolfi o Costanza Miriano. Sono loro i veri dimenticati, non quelli di Galli della Loggia che anzi, è perfettamente sintonizzato col main stream dominante, quello che pensa che gli italiani siano indecisi tra i favorevoli alla Cirinnà e quelli che l’opinione laico progressista vuole cancellare, e cioè i portatori della dimensione religiosa: non è così.

Io conosco tanti “portatori della dimensione religiosa” che dicono “se facevano un familiday contro l’Imu o le tasse alle famiglie, allora sì che scendevo in piazza anch’io”. Riporto questa frase virgolettata perché è giunta alle mie orecchie così, e mi è sembrata di rara efficacia, con il suo modo indicativo che sopprime il congiuntivo e il Family Day che assurge da nome di un singolo evento, a nome collettivo che indica il genere di una protesta, diventa emblematico e significativo di un modo di porsi. Ecco cristiani che sanno d’istinto ascoltare – cito Papa Francesco di ritorno dal Messico – il loro buon senso, la loro coscienza ben formata. Che capiscono benissimo che la minaccia alla famiglia arriva dalla disoccupazione, dal precariato, dall’eccessiva tassazione: non da chi prova a regolare situazioni già esistenti.

Io, con questo articolo, voglio dare voce – la poca che posso – a loro, alla gente normale (cattolica o no) che non viene chiamata a parlare da nessuna parte perché non grida. Gente che non è spaventata perché sa – come ha detto il Papa nella medesima occasione – che l’Italia non sarebbe “il primo Paese che fa questa esperienza (quelle delle unioni civili): sono tanti”. Io conosco tanti tanti cattolici che non hanno paura di essere annoverati con il resto d’Europa perché prendiamo le distanze dal vuoto legislativo che ormai riguarda solo Polonia, Slovacchia, Lettonia, Lituania, Bulgaria e Romania. Conosco tanti cattolici che sanno agire secondo la loro coscienza ben formata e che si sentono profondamente a disagio quando vengono confusi con chi nelle trasmissioni sa solo alzare la voce per gridare “dov’è la madre?”.

Mi dispiace Galli della Loggia, a volte l’ho ammirata tanto: ma questa volta non ci siamo proprio.

Di Don Mauro Leonardi

Articolo tratto da L’Huffingtonpost


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