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Socialmente pericolosi: storia da scoprire. Ne parliamo con Angelo Romeo

angel-romeoIN LIBRERIA  – “Socialmente pericolosi. Le storie di vita dei giovani nei Quartieri Spagnoli di Napoli, Edizioni Mimesis, collana Eterotopie, con la prefazione del prof. Franco Ferrarotti e la postfazione di Fabio Venditti, fondatore dell’Associazione Socialmente pericolosi.  Il volume presenta dopo una prima analisi del mondo giovanile, una ricerca qualitativa condotta dentro i Quartieri Spagnoli sui “Socialmente Pericolosi” un gruppo di giovani che riesce attraverso la passione per il cinema e la creatività, a dimostrare di non essere un pericolo sociale. Sono Socialmente Pericolosi perché non si piegano al destino da camorristi. Creano un’ associazione, una piccola realtà cinematografica, che li rende filmakers, al Giffoni Film Festival e per documentari Rai. Fanno da scenario quotidiano alle loro esperienze di crescita, i quartieri della Napoli storica, cari all’analisi di Walter Benjamin e altri studiosi di scienze sociali. Il testo contiene le storie di vita di questi cinque giovani tra i 20 e i 33 anni, provenienti da contesti malavitosi, che hanno vissuto esperienze di forte devianza e che ai Quartieri Spagnoli lottano quotidianamente per sopravvivere e voltare pagina.

L’autore è Angelo Romeo (nella foto), scrittore e professore alla Pontificia Università Gregoriana.  Lo abbiamo intervistato.

Quale esperienza o incontro ti ha maggiormente emozionato nel giro per i quartieri di una Napoli difficile?

Non c’è un’ esperienza specifica, ogni vissuto dentro i quartieri e ogni storia dei ragazzi “socialmente pericolosi” ha colpito la mia attenzione tanto di ricercatore, quanto di uomo in una società in cui ci si fa fatica ad ascoltare, a proporre qualcosa di progettuale per il futuro e la crescita di ogni contesto urbano. Ai quartieri ho trovato tanta difficoltà di vita quotidiana, ma anche molta umanità, vicinanza tra gli abitanti . I giovani che io ho studiato nel mio libro, sono parte integrante di un’associazione fondata da un giornalista Rai Fabio Venditti e da un ergastolano Mario Savio, con lo scopo di andare controcorrente e non piegarsi al destino da camorristi. Questi giovani ce la stanno facendo, si lasciano dietro un passato da “scugnizzi” di strada per imboccare l’autostrada della legalità.

Quali potrebbero essere soluzioni valide per risolvere questo tipo di problemi?

Sarebbe facile avere una ricetta o un “manuale” per risolvere le problematiche di un contesto del genere o programmarne a breve termine soluzioni e cambiamento. Una cosa è sicura, bisogna investire sulla formazione, solo attraverso un’adeguata educazione e acquisizione di un forte senso civico, si può pensare di abbattare l’illegalità e combattere la camorra. I giovani se non trovano chi crede nelle loro potenzialità e non li aiutano a crescere, finiscono inevitabilmente nella malavita. Tutto parte dalla formazione.

La Chiesa secondo te fa abbastanza, o potrebbe impegnarsi di più? Come?

Il ruolo della chiesa nei contesti in cui emergono esempre più spesso forme di devianza e di malvivenza è sempre molto arduo, anche se dal mio punto di vista e in riferimento alla mia analisi e alle storie di vita dei ragazzi “socialmente pericolosi” ho visto una chiesa non molto presente. Non voglio esprimere giudizi a riguardo, validi per tutti i quartieri spagnoli, ma per i vissuti di questi ragazzi, non è mi parso di leggere una sua presenza a 360° . Io credo molto in una chiesa di strada, che si cala nel sociale anche quando deve scontrarsi con difficili realtà e clan camorristici. La chiesa non è solo cioè che unisce i cristiani nel loro culto, ma è anche una delle istituzioni primarie di socializzazione e come tale, ha un ruolo significativo. Credo che la chiesa debba fare qualcosa in più tanto nell’ascolto e nell’accompagnamento alla crescita dei ragazzi, quanto a livello educativo.

La copertina del volume:

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