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Si apre la Porta santa a Baghdad, Sako: ‘Noi siamo una Chiesa martire’

«Aprire questa Porta ha un significato simbolico per noi e lo facciamo con la fiducia di Papa Francesco. È segno di misericordia, luce, amore di Dio e riconciliazione»: con queste parole il patriarca caldeo di Baghdad, Louis Sako, ha annunciato l’apertura, oggi, della Porta Santa a Baghdad nella prima cattedrale del Paese, intitolata alla «Madonna Addolorata», da poco restaurata e dove sono sepolti i patriarchi della chiesa irachena. 

Baghdad, Louis Sako

«Testimoniare può condurre al martirio e noi non abbiamo paura. Siamo pronti a tutto. Abbiamo già dato tanti martiri in questi dodici anni: un vescovo, cinque preti, ma anche 1.267 laici fedeli che hanno dato la loro vita per la loro fede», ha detto Sako in un’intervista a inBlu Radio, network delle radio cattoliche italiane. «Apriremo la Porta Santa nell’antica cattedrale di Baghdad – ha aggiunto Sako – che si chiama “Madre dolorosa”. È una delle chiese più grandi e belle di Baghdad che abbiamo nuovamente restaurato. Per noi è un’occasione come cristiani iracheni per capire meglio la nostra sofferenza e il senso degli eventi che viviamo. Siamo una minoranza dunque dobbiamo avere questa fede, fiducia e speranza nel nostro cuore ma dobbiamo anche avere il coraggio per resistere davanti a tutte queste sfide che ci fanno male e che noi speriamo siano brevi e che passino presto». 

«Siamo veramente una Chiesa martire – ha proseguito Sako – Nella lingua greca ma anche araba e caldea essere martire vuol dire testimoniare. Testimoniare la nostra fede, la gioia del Vangelo, la misericordia divina, per questo noi siamo lì. Siamo in questa terra per volontà di Dio, abbiamo una vocazione». 

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Il patriarca caldeo di Baghdad ha inoltre voluto ricordare «la fuga dalla Piana di Ninive: in una notte 120mila cristiani hanno lasciato tutto per la loro fede. Potevano convertirsi all’Islam, ma nessuno, questo è il miracolo, noi siamo molto molto orgogliosi di questo, nessun cristiano si è convertito, tutti hanno lasciato le loro case, proprietà e vivono nei campi perché sono cristiani. È una grande testimonianza e un grido per il mondo intero contro questa ingiustizia, ma anche questo modello incoraggia i cristiani dell’Occidente a tornare alla fede, alla religione. C’è un vuoto. I musulmani dicono che i cristiani occidentali non credono più, perciò vogliono islamizzare il mondo». 

«Qui la situazione è molto critica, c’è tanta tensione – ha concluso Sako – ci sono guerre, attacchi, rapimenti e minacce. Dunque una situazione molto difficile. Vogliamo festeggiare e celebrare il Natale ma lo faremo con sofferenza, nel silenzio e con tante lacrime».  

Redazione Papaboys (Fonte www.lastampa.it)

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