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Si accetta la Chiesa per amore di Cristo!

Saranno dedicate alla Costituzione del Concilio Vaticano II sulla Chiesa “Lumen Gentium” le tre meditazioni di Avvento proposte al Papa e alla Curia romana dal predicatore della Casa pontificia, padre Raniero Cantalamessa. La Chiesa Corpo e Sposa di Cristo, il tema del documento sottolineato nella prima predica che si è tenuta in Vaticano. Una sintesi della riflessione nel servizio per Radio Vaticana di Adriana Masotti:

Padre Cantalamessa

Accettare la Chiesa, anche sfigurata dal peccato, per amore di Cristo
“Lumen gentium cum sit Christus…”, “Essendo Cristo la luce delle genti…”: la frase con cui inizia la Costituzione conciliare è per padre Cantalamessa la chiave per interpretare tutta l’ecclesiologia del Vaticano II. Essa ha al centro Cristo, non si accetta, infatti, dice, Cristo per amore della Chiesa, ma si accetta la Chiesa per amore di Cristo. Anche una Chiesa sfigurata dal peccato di tanti suoi rappresentanti. La domanda fondamentale, continua, non è “cos’è la Chiesa”, ma è “chi è la Chiesa”. Essa viene descritta nelle scritture come “l’immacolata sposa dell’Agnello immacolato, sposa che Cristo ‘ha amato… e per essa ha dato se stesso, al fine di santificarla’. Ma anche come “corpo di Cristo”.

Fare di me il corpo di Cristo 
Padre Cantalamessa cita l’allora cardinal Ratzinger, che aveva messo in luce lo stretto rapporto tra queste due immagini: la Chiesa è corpo di Cristo perché è sposa di Cristo! C’è, dunque, l’idea sponsale dell’unica carne che l’uomo e la donna formano unendosi in matrimonio e ancor più l’idea eucaristica dell’unico corpo che formano coloro che mangiano lo stesso pane. Senza la Chiesa e senza l’Eucaristia, Cristo non avrebbe “corpo” nel mondo. Il predicatore si chiede cosa può significare per la vita spirituale del cristiano vivere e realizzare questa idea di Chiesa, corpo di Cristo e sposa di Cristo? E risponde:

“Se la Chiesa nella sua accezione più intima e vera è il corpo di Cristo, io realizzo in me la Chiesa, sono un ‘essere ecclesiale’, nella misura in cui permetto a Cristo di fare di me il suo corpo, non solo in teoria, ma anche nella pratica”.

Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me
E questo si realizza attraverso il battesimo e l’Eucaristia che possiamo ricevere ogni giorno. L’Eucaristia fa di ognuno di noi il corpo di Cristo, cioè Chiesa:

“Due esistenze, la mia e quella di Cristo, divengono una sola. Di due ‘io’, ne risulta uno solo: non il mio piccolo io di creatura, ma quello di Cristo, al punto che ognuno di noi, dopo aver ricevuto l’Eucaristia, può osare dire, con Paolo: ‘Non sono più io che vivo, Cristo vive in me’”.

Si fa scempio del Corpo di Cristo che è la Chiesa
Nell’Eucaristia, continua padre Cantalamessa, noi riceviamo il Corpo e il Sangue di Cristo, ma anche Cristo “riceve” il nostro corpo e il nostro sangue. Allora non c’è nulla della mia vita che non appartenga a Cristo. È come se Gesú ci dicesse: “Io ho fame di te, voglio vivere di te, devo vivere della tua carne, del tuo sangue, della tua fatica quotidiana, devo cibarmi di te come tu ti cibi di me!” e commenta:

“Quale responsabilità da tutto ciò! Queste parole interpellano ogni battezzato. Ma che dire dei consacrati, dei ministri di Dio. C’è da tremare al pensiero dello scempio che si fa del Corpo di Cristo che è la Chiesa”.

Importanza dell’incontro personale con Cristo
L’ultima parte della meditazione sottolinea l’importanza dell’incontro personale con Gesú, che Papa Francesco invita spesso a cercare “ogni giorno senza sosta” o a rinnovare. E’ tornare ai primi tempi del cristianesimo dopo secoli in cui si dava per scontata l’adesione alla fede. Oggi questa situazione detta “di cristianità” è cambiata radicalmente. Di qui l’urgenza di una nuova evangelizzazione che permetta all’uomo di riconoscere in Gesù una persona con cui si parla, una presenza reale nella propria esistenza:

“Si tratta in pratica di creare per gli uomini d’oggi delle occasioni che permettano loro di prendere, nel nuovo contesto, quella decisione personale libera e matura che i cristiani prendevano all’inizio nel ricevere il battesimo e che facevano di essi dei cristiani reali e non solo nominali”.

Pregare prima di prendere decisioni importanti
Ma che fare per la massa dei cristiani già battezzati che vivono come cristiani puramente di nome e non di fatto, completamente estranei alla Chiesa e alla vita sacramentale? Una risposta a questo problema, dice, sono gli innumerevoli movimenti ecclesiali, aggregazioni laicali e comunità parrocchiali rinnovate, apparse dopo il Concilio:

“Incontrare Cristo significa che Gesú non è più un personaggio, ma una persona; non più qualcuno di cui si parla, ma qualcuno a cui e con cui si può parlare, perché risorto e vivo. Vuol dire anche non prendere nessuna decisione di qualche importanza senza prima averla sottoposta a lui a nella preghiera”.

Padre Cantalamessa conclude con un’esortazione: “Ho detto all’inizio che non si accetta Cristo per amore della Chiesa, ma si accetta la Chiesa per amore di Cristo. Il servizio più prezioso che ciascuno di noi può rendere alla Chiesa è perciò quello di amare Cristo e crescere nell’intimità con lui”.

Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va)

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